Questi Eroi e Capitani da Mar sono i figli della Serenissima che nei suoi 1200 anni di storia ha sempre lottato per difendere il suo territorio e la sua libertà di azione in particolare contro il potente Impero ottomano, le imprese dei quali ebbero a quei tempi fama e ammirazione internazionali per poi essere dimenticati dalla “storiografia ufficiale, che solo Gabriele D’Annunzio” celebrò nella Poesia “ La Canzone dei Dardanelli.” I nomi di Lazzaro Mocenigo, Biagio Zulian, Cattarin Corner, Angelo Emo,Francesco Morosini, Sebastano Venier, Marcantonio Bragadin e tanti altri che hanno fatto la storia di Venezia, d’Italia e d’Europa sono praticamente scomparsi dai libri di storia mentre sono riportati personaggi ed avvenimenti di molta minor importanza. Nessuna pagina riporta il sacrificio di Biagio Zulian da Capodistria e di sessanta soldati che nella lunga guerra d’assedio di Candia ( oggi Creta) durato ben 22 anni( il più lungo assedio della storia), appiccò il fuoco al deposito delle polveri nello scoglio di San Teodoro per non farlo cadere in mano turche, azione che suscitò quasi l’incredulità e l’ammirazione perfino del Re Sole. Ma come si può cancellare mille anni di storia e di civiltà Veneta come sta facendo la Croazia che ora occupa le coste Istriane e Dalmate già Venete, ottenebrata da un nazionalismo stupido che non porta ad alcun futuro. Con che cosa sostituisce i nomi di quelle Regioni (Istria e Dalmazia vecchie di millenni) di quelle Città, quelle Chiese, quei Monumenti, quell’ aria particolare che la civiltà Veneta diffondeva, con il vuoto della storia ?. Dopo la pulizia etnica anche quella storica e culturale. E la “storiografia ufficiale Italiana” riporterà sempre e solo “ La disfida di Barletta”, il Tumulto dei Ciompi, Pier Capponi, I Vespri Siciliani, Pietro Micca ”e continuerà a dimenticare le gloriose imprese della Serenissima? La storia di Venezia è sempre stata in primo piano negli avvenimenti italiani, europei e mondiali, perciò è doveroso per noi Veneti ricordarla e tramandarla.
Dopo la conquista di Costantinopoli nel 1453 da parte di Maometto II l’espansionismo dell’ Impero Ottomano si diresse verso le isole greche e nella penisola balcanica dove in breve tempo i turchi conquistarono la Serbia e la Bosnia. Venezia che prima aveva intensi e vitali rapporti commerciali da quasi un millennio con il caduto Impero Bizantino ora, pur mantenendo questi rapporti commerciali con il Sultano, si sentiva continuamente minacciata nei suoi possedimenti nel mar Egeo e nell’Adriatico. Da questa singolare situazione derivava il secolare stato di guerra e pace tra la Serenissima e l’Impero Ottomano. Nel 1470 Maometto II rivolse le sue mire verso le città greche e l’isola di Negroponte, l’antica Eubea, possedimento veneziano da più di 3 secoli. Messo l’assedio alla capitale Calcide e vinte dopo alcune settimane le disperate resistenze dei difensori e della popolazione, conquistarono la città massacrando tutti senza pietà. I tre rettori veneziani ebbero la stessa sorte e Paolo Erizzo, per esplicito ordine del Sultano fu segato in due tra due tavole mantenendo la promessa che non lo avrebbe fatto decapitare. Il comandante della flotta veneziana dell’ Egeo Niccolò Canal che non era intervenuto con coraggio per contrastare i nemici, fu destituito, tradotto in catene a Venezia e processato. Mentre gli stati europei non si preoccupavano, solo Venezia si trovava ad opporsi all’ inarrestabile avanzata turca, con perdite di vite umane e spese finanziarie enormi. Dopo la caduta di Negroponte il Papa Sisto IV, il Re di Napoli Ferdinando ed il Gran Maestro di Rodi, decisero finalmente di venire in aiuto con delle loro navi alla flotta veneziana che guidata da Piero Mocenigo iniziò a condurre azioni di attacco e saccheggio lungo le coste turche dell’ Anatolia.
Caterina Cornaro 1472
L’isola di Cipro era una roccaforte strategica cristiana nel Mediterraneo orientale vicino alle coste turche. Nel 1468 l’isola era un regno di origine crociata retto da Giacomo II della famiglia francese dei Lusignano che con l’aiuto di Venezia aveva usurpato il trono alla sorellastra Carlotta sposata a Ludovico di Savoia che avanzava pretese sull’ isola. Per i Veneziani era talmente importante avere il controllo di Cipro che Andrea Cornaro, a capo di una delle più importanti famiglie veneziane, propose al re in matrimonio la figlia Caterina allora quattordicenne. Ottenuto il consenso, il matrimonio fu fatto per procura a Venezia e dopo 4 anni con la maggiore età, Caterina fece il suo ingresso nel 1472 come regina a Famagosta, capitale dell’ isola ora. Un imprevedibile destino attendeva però la regina. Dopo un anno il marito a seguito di una battuta di caccia moriva. Nelle sue ultime ore il re aveva disposto che l’erede fosse il figlio che Caterina stava aspettando e che entrambi rimanessero sotto la tutela di Venezia. Ma i nobili ed il clero dell’isola mal sopportavano il controllo veneziano e alla prima occasione favorevole, penetrarono nel palazzo reale e fecero strage dei collaboratori di Caterina che a stento si salvò, provocando un pesante intervento di Venezia che prese l’isola sotto suo diretto potere. Le disgrazie di Caterina però non erano ancora finite: il figlio avuto dal re ed erede al trono improvvisamente ed in circostanze poco chiare morì e Caterina vedova che si dicesse avesse intenzione a risposarsi con Alfonso di Napoli, divenne per Venezia più un impiccio che un vantaggio. Praticamente prigioniera fu con forti pressioni anche familiari, indotta ad abdicare in favore della Serenissima e, ritornata con grandi onori a Venezia, ebbe come premio di consolazione “la reggenza dorata” della città di Asolo dove si circondò con una corte umanistica di letterati e poeti tra i quali l’illustre studioso Pietro Bembo.
Guerra e pace con Maometto II-1480
L’avanzata turca continuava inesorabile nell’ Egeo e nell’ Adriatico. Dopo aver conquistato l’isola di Lemno e tutta la parte terrestre della Grecia i turchi erano passati in Albania conquistando la fortezza di Croja e mettendo assedio a Scutari che invece resisterà all’ assedio nonostante sforzi imponenti fatti per conquistarla, tanto che Maometto scoraggiato disse:” Non avessi io giammai udito il nome di Scutari: inutili sono le mie fatiche. ” Ma a parte Scutari l’avanzata continuava e caddero in mani turche le isole di Itaca, Cefalonia, Zante e Leucade nel Mar Ionio ma peggio accadde ad Otranto in Puglia,dominio di Ferdinando di Napoli,che occupata dovette subire un tristemente famoso eccidio, mentre nell’alto Adriatico bande di armati penetrarono in Friuli e lo devastarono. Venezia, constatando l’impari lotta e per salvare i suoi rapporti commerciali con il Sultano, attirandosi però le ire degli altri stati europei e del papa, decise di accettare la pace rinunciando a tutti i suoi possedimenti che i turchi avevano conquistato, ma instaurando un clima amichevole con Maometto tanto che a richiesta di questi, fu inviato alla corte di Costantinopoli il famoso pittore Gentile Bellini per eseguire un ritratto del Sultano.
1509- Lega di Cambrai contro Venezia.
Mentre sul fronte turco regnava una relativa calma Venezia dovette affrontare sul suo territorio veneto la più grave minaccia dai tempi dei Longobardi e Franchi. Voluta da Papa Giulio II con l’accordo dell’ Imperatore d’Austria Massimiliano d’Asburgo e di Luigi XII di Francia a cui si aggiunsero la Spagna, i Savoia, i Duchi di Mantova e Ferrara la Lega di Cambrai aveva lo scopo di abbattere lo stato veneto della Serenissima. La sconfitta di Agnadello , l’invasione e il saccheggio del territorio veneto da parte di questa formidabile coalizione mise in pericolo l’esistenza della Repubblica che solo con successive vittorie ed abili azione diplomatiche riuscì a mantenere i suoi territori.
1521-Riprende l’avanzata Turca.
Dopo il periodo di pace instaurata tra Venezia e Maometto II a cui seguì il Sultano Bajaazet II e poi Selim I, il nuovo Sultano Solimano I riprese l’avanzata turca in Europa conquistando nei Balcani Belgrado e parte del territorio ungherese mentre nell’ Egeo occupava l’isola di Rodi retta dai Cavalieri di S. Giovanni e parte della costa nordafricana. Il Mediterraneo orientale era ormai solcato da corsari e navi turche che attaccavano ogni nave cristiana per cui Venezia cercò di salvare il salvabile mantenendo un basso profilo. Dovette però rinunciare alla città di Napoli in Romania la cui popolazione preferì emigrare nei territori veneziani piuttosto di sottostare ai turchi mentre l’isola di Corfù nello Jonio fu validamente difesa e restò in mano ai Veneziani.
1570- I Turchi attaccano Cipro - Bellisandra Maraviglia
Il Sultano Selim II successore di Solimano decise che l’isola di Cipro prossima alle coste turche, l’ultimo baluardo cristiano, doveva far parte del suo impero. Intimò quindi a Venezia di cedere l’isola o l’avrebbe conquistata con la forza. Venezia rifiutò e si preparò ad un nuovo scontro cercando inutilmente anche l’aiuto delle altre potenze cattoliche mentre mesi di attesa e di indecisione favorirono l’avanzata dei turchi che dopo due mesi di accanita resistenza riuscirono a conquistare Nicosia difesa da soli 1500 soldati contro 80.000 uomini di Mustafà Pascià. Come da triste usanza i pochi difensori rimasti dopo la promessa turca di aver salva la vita si arresero ma furono invece trucidati. Stessa sorte toccò a 20.000 cittadini di Nicosia mentre le donne furono prese schiave per essere vendute al mercato di Istambul. Tra costoro c’erano anche delle nobildonne veneziane che di fronte a questa insopportabile e vergognosa prospettiva giunte al porto decisero un atto estremo: Bellisandra Maraviglia riuscì a dar fuoco al deposito di munizioni della nave che saltò in aria con tutto il suo povero carico umano ed investì anche due navi minori. Si salvarono alla fine solo lo scrivano e 6 turchi.
Marcantonio Bragadin - Cipro 1571
Dopo da conquista di Nicosia a resistere rimase solo la città di Famagosta fortificata da un imponente cinta muraria e di forti, difesa da 7000 soldati Veneti e 500 cannoni al comando di Bragadin. Quale intimidazione alla resa, Mustafà Pascià inviò a Famagosta la testa del Governatore di Nicosia Niccolò Dandolo ma in risposta Bragadin si preparò ad una lunga ed eroica resistenza. Il 22 Settembre 1570 iniziò da parte turca il blocco di Famagosta con 200.000 uomini, 150 navi, 1500 cannoni posizionati sulle alture attorno alla città. Nella primavera del 1571 i turchi passarono all’ offensiva con un bombardamento che si prolungò per 1798 ore ma le 170.000 cannonate non piegarono i difensori. L’attacco fu continuato con” la guerra della mine” nel tentativo di far crollare parte delle mura ed è durante questa fase che Roberto Malvezzi, per non far cadere il deposito delle polveri in mano nemica, diede fuoco alla santabarbara e saltò in aria con 300 soldati veneti e 6.000 turchi. Fino a quel momento di contavano 5300 morti da parte veneta e 80.000 da quella turca tra i quali il primogenito di Mustafà. I difensori si erano però ridotti a 700 soldati e a munizioni sufficienti per un giorno, per cui la maggioranza degli ufficiali veneti capitanati da Baglioni spezzò la ferrea tenacia di Bragadin e dietro promessa di aver salva la vita decisero di arrendersi. Ma era un macabro scherzo messo in atto da Mustafà: prima di lasciare l’isola volle complimentarsi con loro per la valorosa resistenza ma all’ improvviso estrasse un pugnale e mozzò l’orecchio destro di Bragadin poi dette ordine ad un giannizzero di tagliare l’altro ed il naso. Era il segnale ed in pochi minuti furono accatastate davanti a lui 350 teste mentre i pochi soldati rimasti ed i civili furono deportati in schiavitù a Costantinopoli. Il mattino del 17 agosto dopo 13 giorni di continue ed atroci torture Marcantonio Bragadin fu trascinato per le vie e sulle mura di Famagosta in mezzo alle truppe turche, poi nella piazza principale fu denudato, legato ad una colonna e scorticato vivo. Bragadin sopportò il terrificante supplizio con sovrumano coraggio senza emettere un gemito, solo alla fine tra l’attonito silenzio di migliaia di uomini soggiogati dalla suprema dignità di quel Comandante disse: sono contento di morire dove sono morti tanti bravi soldati. La pelle di Marcantonio Bragadin impagliata, fu per ulteriore spregio montata su una vacca e fatta sfilare per la città, poi mandata come trofeo a Istanbul, dove uno schiavo riuscì a sottrarla e portarla a Venezia e riposta in un monumento all’ interno della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo ove è possibile ancor oggi rendere omaggio alle spoglie di questo Eroe.
Sebastiano Venier-7 Ottobre 1571-Lepanto
Dopo lo sgomento provocato in tutta Europa per la perdita di Cipro ed il martirio di Bragadin, l’avanzata dei Turchi e dell’ Impero Ottomano sembrava inarrestabile agevolata dalle divisioni e litigiosità delle Potenze Europee. Finalmente, visto il pericolo imminente, su iniziativa di Papa Pio V fu costituita la Santa Lega tra la Spagna,Venezia,Santa Sede,Genova,ducato di Savoia,Ordine di Malta per combattere il comune nemico e fu allestita una flotta di circa 250 navi, la metà delle quali era veneziana comprendendo anche 6 galeazze particolarmente armate e corazzate al comando del Capitano da Mar Sebastiano Venier. Appena due mesi dopo la caduta di Cipro, la flotta cristiana compatta al comando don Giovanni d’Austria,fratellastro del Re di Spagna Filippo II coadiuvato da Sebastiano Venier,dal Genovese Gian Andrea Doria e da Marcantonio Colonna per il Papato davanti alle coste greche di Lepanto costrinsero la flotta turca di pari entità allo scontro. Fu una battaglia tra giganti e all’inizio il fuoco delle galeazze veneziane aprirono varchi gravi tra le navi nemiche, poi quando le due ammiraglie si agganciarono le altre navi accostate una all’altra servirono da ponti per furiosi corpo a corpo. Atti di eroismo e gravi perdite da entrambe le parti. Sulla nave capitana veneziana durante un violentissimo assalto turco, fu ferito gravemente il Capitano Barbarigo e poi cadde anche suo nipote Marco Contarini che ne aveva assunto il comando. Ma quando in questa mischia enorme una delle cannonate partite dalle navi pontificie colpì in pieno l’ammiraglio turco Alì Pascià uccidendolo e l’Ammiraglia fu conquistata, il resto della flotta nemica fuggì e la vittoria della flotta cristiana fu schiacciante. I caduti cristiani furono 15.000 contro i 30.000 turchi e 8.000 prigionieri : l’avanzata ottomana era fermata. Il bottino fu enorme: 224 navi turche perdute contro 13 cristiane, ben 150.000 zecchini d’oro del tesoro di Alì Pascià e furono liberati 15.000 schiavi cristiani costretti come rematori nelle navi nemiche. La vittoria non poteva essere più esaltante : Marcantonio Bragadin era vendicato, ma un disaccordo tra le flotte alleate impedì di dare il colpo mortale al nemico. Il Comandante Venier con i suoi capitani fu accolto dal Doge a bordo del Bucintoro con i massimi onori. Mancava il Capitano Barbarigo morto in seguito alle ferite riportate. Sebastiano Venier quattro anni dopo fu eletto Doge e morì il 3 Marzo 1578 . Le sue spoglie sono oggi nella Chiesa dei Santissimi Giovanni e Paolo, il Pantheon della Repubblica a fianco della Cappella del Rosario eretta a ricordo della vittoria di Lepanto. In quell’occasione in Senato veneziano sentenziò: Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit. Ancor oggi la festa della Madonna del Rosario ricorda quella data- 7 Ottobre 1571.
Biagio Zulian -1645
Nel 1645 Venezia si trovava nuovamente ad affrontare da sola l’avanzata turca nel Mediterraneo orientale che investiva ora l’isola di Creta (Candia).L’ insufficiente organizzazioni per il rifornimento e la difesa dell’ isola, permise ai turchi la conquista dell’isola fortezza di San Teodoro, caposaldo strategico. Non potendo resistere alle forze nemiche superiori sia di numero che in potenza di fuoco, il comandante veneziano del forte il capodistriano Biagio Zulian in un estremo atto di sacrificio, portò con sé nei sotterranei dove erano custodite le munizioni la moglie ed i figli ed appiccò il fuoco alle polveri trasformando il forte in una gigantesca bomba che travolse i suoi pochi uomini rimasti ed i nemici già penetrati nel forte.
Tomaso Morosini -1647
Come quello di Biagio Zulian molti furono gli atti eroici verificatisi durante la lunga guerra per la difesa di Candia -Creta da parte dei Veneziani, isola strategica che era sotto il loro controllo da più di 5 secoli. Venezia sapeva che la perdita di quell’ isola sarebbe stato un colpo grave per la propria storia, per il suo prestigio e da ultimo per tutta l’Europa cristiana. Per questo l’assedio turco e la strenua difesa veneziana durarono ben 25 anni suscitando lo stupore e l’ammirazione dell’ intera Europa. Le azioni di guerra oltreché nell’ isola erano condotte dalla flotta veneziana in tutto il Mediterraneo orientale e persino nell’ Adriatico. Durante questi scontri nelle acque di Negroponte perì il comandante Tomaso Morosini che aveva attaccato temerariamente con poche navi una flotta di 45 navi nemiche, poi a loro volta battute da altre navi veneziane accorse in aiuto. In Dalmazia i Veneziani assediarono e conquistarono la città fortezza di Chissa a sud-est di Spalato già veneziana divenuta avamposto turco.
Leonardo Mocenigo 1648- Lazzaro Mocenigo 1657
Nell’ isola di Candia due dei quattro centri fortificati erano già in mani turche che ora assediavano la capitale colpita pure dalla peste. Capitano Generale veneziano era stato nominato Leonardo Mocenigo che durante i ripetuti assalti dei turchi quando la situazione resasi drammatica a causa di un grande varco apertosi sulle mura in seguito all’ esplosione del deposito delle polveri del forte Martinengo, anziano e malato si fece portare sul posto e infondendo coraggio e speranza agli sfiduciati difensori, riuscì a ribaltare la situazione e costringere il comandante turco Cussein ad abbandonare l’impresa. L’isola era ancora sotto assedio e abbisognava continuamente di rifornimenti che giungevano via mare ostacolati dalla flotta turca. Innumerevoli furono gli scontri navali durante questa fase della guerra, dalla vittoria veneziana a Parros nel 1651 ad opera di Francesco Morosini, al blocco dei Dardanelli per impedire i rifornimenti turchi effettuato dalle navi di Giuseppe Dolfin nel 1654. Il 26 giugno 1656 all’ imboccatura dello stretto dei Dardanelli la flotta Veneziana comandata da Lazzaro Mocenigo riportò una schiacciante vittoria su quella turca di Sinal Pascià forte di ben 60 galee e 29 vascelli rimanendo a battaglia finita con sole 14 galee. Tredici galee furono catturate dai Veneziani, il resto distrutte o inservibili, 5000 schiavi cristiani liberati, migliaia di soldati nemici uccisi mentre tra i veneziani ci furono 300 caduti tra i quali i capitani Lorenzo Marcello e Niccolò di Mezzo. L’anno dopo Lazzaro Mocenigo in qualità di Capitano generale si presentò nuovamente con la flotta davanti ai Dardanelli per impedire i movimenti di quella turca riuscendo in una brillante operazione a catturare l’ ammiraglia della flotta di Capitan Pascià con 400 uomini. Nel frattempo una seconda flotta turca uscita da Istambul si portava nei Dardanelli mentre sulle sponde erano accampati il Gran Visir e 50.000 soldati. Il 17 luglio, in pessime condizioni atmosferiche causate da forti venti che mettevano in difficoltà le navi veneziane, la flotta turca con 33 galee, 22 navi e innumerevoli legni minori attaccò battaglia. L’esito fu a lungo incerto e al secondo giorno, calato un po’ il vento, Lazzaro Mocenigo con sole 11 galee si lanciò all’ inseguimento del nemico che stava ritirandosi dentro lo stretto. Improvvisamente accadde l’imprevedibile: mentre era sul ponte di comando una palla di cannone sparata dalle batterie nemiche poste lungo le coste del canale, colpì in pieno la santabarbara della nave che esplose uccidendolo sul colpo. La flotta pur priva dell’ audace Comandante, dopo tre giorni di dura battaglia riuscì a distruggere alcune navi nemiche ma nulla poteva compensare la scomparsa di uno dei migliori comandanti della flotta veneziana.
Assedio di Candia- Caterino Cornaro - Francesco Morosini -1669.
Tutte queste azioni navali recarono danni relativi all’ esercito turco impegnato nell’ assedio di Candia che continuava sorprendentemente a resistere. Nel 1667 si contarono ben 32 assalti alla città sotto il comando del Gran Visir ma senza esito che però costarono la vita a 7.000 difensori e distruzioni alle fortificazioni continuamente riparate anche con l’aiuto delle donne. Il Gran Visir tentò anche la via diplomatica chiedendo la resa in cambio di compensi ma il capitano generale Francesco Morosini, uomo votato alle armi che aveva per motto della sua galera “ in certamine prima” rifiutò con sdegno. Mentre per i turchi questo esasperante assedio si trasformava in un incubo anche l’Europa finalmente prese coscienza che bisognava fare qualcosa per Candia. Re Sole –Luigi XIV inviò un contingente di truppe, in misura minore l’Austria ed i Cavalieri di Malta ed il Papa delle navi. L’aiuto tardivo e insufficiente per fronteggiare il nemico molto più numeroso e incomprensioni di carattere militare tra veneziani e francesi non portarono ad un decisivo mutamento della situazione, mentre per Venezia l’assedio diventava di anno in anno una continua perdita di vite umane che nell’ anno 1668 ammontarono a 5340 soldati, 586 ufficiali, 2400 fra guastatori e remiganti ed un salasso finanziario di ben 4.500.000 ducati. Nel 1669 in una delle tante azioni perse la vita anche il Provveditore Generale Caterino Cornaro comandante di eccezionali doti militari colpito da una bomba mentre organizzava la difesa del forte strategico di S. Andrea.Visti inutili gli sforzi di risolvere favorevolmente la situazione i Francesi decisero di abbandonare l’isola seguiti dalle altre forze cristiane ed i Veneziani si ritrovarono nuovamente soli nella difesa della città con 3500 uomini che i Visir forte di 15.000 armati si apprestava nuovamente ad attaccare. La situazione era tragica: venire massacrati o arrendersi e salvare almeno la vita. A questo punto Francesco Morosini consultati gli altri comandanti, decise di inviare ambasciatori per una resa onorevole che dopo iniziali momenti di tensione, il Gran Visir accettò permettendo ai Veneziani e alla popolazione rimasta di abbandonare la città con i loro averi e perfino con l’artiglieria. Il 26 settembre 1669 gli ultimi veneziani lasciarono Candia dopo 22 anni di assedio e 465 anni di dominio. Calato il vessillo del Leone saliva la mezza luna. L’esercito turco poteva ora risalire l’Adriatico e la penisola balcanica e nel 1684 era sotto le mura di Vienna, baluardo della cristianità, fortunatamente respinto. L’Europa che finora era stata tiepida per non dire indifferente nell’ aiutare Venezia, resasi finalmente conto del pericolo mortale che incombeva, chiese l’aiuto della Serenissima appena uscita dall’ interminabile guerra di Candia. I Veneziani considerato il momento favorevole e per riguadagnare quanto finora perso, accettarono, ed allestita una flotta al comando del già famoso Francesco Morosini, la lanciarono con successo contro le basi e piazzeforti turche in terra di Grecia. Furono per la prima volta impiegati per gli sbarchi i Fanti da Mar ( odierni Marine) e creato il famoso reggimento Veneto Real, dove Real stava per il migliore. Recuperate prima le isole strategiche di Santa Maura e Leucade, ci fu poi la conquista del porto di Corone seguita dopo un attentato durante le trattative di resa da un orribile saccheggio e massacro ed in breve, con l’azione congiunta della flotta e delle truppe terrestri comandate dallo svedese Otto Von Konigsmark al soldo della Repubblica, l’occupazione di tutta la Morea ( Peloponneso) e successivamente di Patrasso, Corinto ed Atene da anni in mani turche. Sfortunatamente durante l’assedio della città, un colpo di cannone distrusse una parte del Partenone dove i turchi avevano un deposito di munizioni e dopo la conquista, il tentativo di asportare i fregi del frontone del tempio provocarono la caduta e la distruzione di quel capolavoro. Infine nel 1686 con una nuova brillante vittoria fu conquistata la città di Napoli in Romania divenuta importante piazzaforte turca nella regione ma nel tentativo di conquistare Negroponte Morosini dovette subire una dura sconfitta a causa di un’ epidemia che falcidiò le truppe e ne provocò l’ammutinamento. Nel 1690 nominato Doge, ritornò a Venezia carico di onori e con il titolo eccezionale di “Peloponnesiaco” ed un busto in bronzo cosa rarissima a Venezia. La guerra con i turchi però continuava e nel 1693 il vecchio doge e comandante all’ età di 74 anni salpò nuovamente verso le turbolente acque del mare Egeo dove a causa dell’ aggravarsi di una malattia dopo poco morì. Venezia perdeva il principale artefice della rivalsa contro i turchi che ora si stavano nuovamente riorganizzando. A Morosini subentrò nel comando della flotta Antonio Zen che dimostratosi incerto ed incapace in una dura battaglia navale con la conseguente perdita dell’ isola di Scio, fu severamente punito dal Senato e tradotto in ceppi a Venezia, morì in prigione. Antonio Zen fu sostituito da Alessandro Molin che riportò alcune vittorie navali e ridiede speranze ai Veneziani. Dopo Alessandro Molin prese in comando della flotta Jacopo Cornaro che con le navi del cav. Dolfin, impegnò nel settembre del 1698 la flotta turca nelle acque dei Dardanelli a Metellino dove una dura e cruenta battaglia navale lasciò la vittoria ai Veneziani. Frattanto in Europa col nuovo secolo una profonda crepa si era aperta nel fronte antiturco a causa dei contrasti dinastici tra il Re di Francia e l’Imperatore Asburgico e Venezia dopo anni di lotta desiderava una pace duratura. E la pace arrivò. A Karlowitz il 13 Novembre 1698 tra i Grandi d’Europa ed il Sultano turco si presero accordi di pace e Venezia vide confermate le sue conquiste greche ma dovette rinunciare ad Atene. Con il nuovo secolo si acuirono però in Europa i contrasti tra la Francia e l’Austria coinvolgendo Inghilterra e Olanda e solo dopo 4 anni di guerra si arrivò alla pace di Utrecht mentre Venezia era riuscita a mantenersi neutrale.
La guerra contro il Turco continua- Lodovico Flangini , l’ultimo eroe
La partita con l’Impero Ottomano non era ancora conclusa. Nel 1714 il Gran Visir intenzionato a riconquistare la Morea, con futili motivi, dichiarò guerra a Venezia che colta impreparata nel giro di un anno perse tutte le sue conquiste greche. Nel 1716 i turchi misero assedio a Corfù importante piazzaforte veneziana a capo della quale c’era il Maresciallo Johan Matthias Von der Schulenburg ai servizio della Serenissima che con un’ardita azione ruppe l’assedio mettendo in fuga il nemico aiutato anche da un violento fortunale che distrusse la flotta turca. Questa vittoria rinfrancò la Repubblica Veneta che durante l’inverno riuscì ad allestire 27 navi che nella primavera del 1717 si diressero al comando di Lodovico Flangini verso i Dardanelli con l’intenzione di sorprendere la flotta turca in uscita da Istanbul che il 16 giugno si presentò per la battaglia. Lo scontro fu durissimo e la vittoria era già dei Veneziani quando lo stesso Flangini venne gravemente ferito ma volle farsi portare sopra il cassero della nave per dare gli ultimi ordini e assistere alla vittoria prima di morire. Un mese dopo a capo Matapan la flotta veneziana al comando di Andrea Pisani riportava un’ altra vittoria mentre nell’ Adriatico Alvise Mocenigo riconquistava piazzeforti importanti. Nei Balcani Eugenio di Savoia al comando delle armate imperiali dopo aver sconfitto gli ottomani in Ungheria, dava un duro colpo ai turchi conquistando l’importante piazzaforte di Belgrado. Dopo queste vittorie si arrivò nuovamente ad accordi di pace che si svolsero a Passarowitz nel maggio del 1718 ma per Venezia furono accordi amari perché ora la parte forte era l’Impero Asburgico che per ottenere maggior vantaggi, sacrificò le vittorie di Venezia che dovette definitivamente rinunciare alla Morea e alle isole greche esclusa Corfù ed alcune piccole fortezze al confine con la Dalmazia. Per giunta due mesi dopo il trattato, durante un violento fortunale un fulmine colpì in pieno la polveriera di Corfù che esplose e coinvolse altri depositi causando enormi danni e numerosi morti e feriti. Quella tragedia dovette risuonare funestamente a Venezia, quasi un’ ulteriore conferma della precarietà e dell’ inconsistenza del suo ormai esiguo e fantomatico impero.
1785 -L’ultima battaglia della Serenissima.
Pur ormai in declino rispetto alle altre potenze europee che avevano aperte nuove rotte commerciali più sicure sull’Atlantico, Venezia non esitò a reagire militarmente contro i pirati nordafricani Bey di Tripoli- Bay di Tunisi –Bay di Algeri ( sempre loro!) che infestavano da sempre il transito delle sue navi e di quelle degli altri paesi europei nel Mediterraneo sud-occidentale catturandole e prendendo schiavi equipaggio e viaggiatori, tanto che persino l’appena nato Governo degli Stati Uniti interessato al commercio con l’Europa, offerse un’ alleanza alla Serenissima per contrastare questo grave fenomeno. All’ inizio Venezia come gli altri paesi europei preferirono pagare per tener buoni questi pirati ma non rispettando costoro i patti , la Serenissima decise per un’ azione di forza mandando una squadra navale capitanata dal comandante Jacopo Nani contro il Bey di Tripoli che accettò l’accordo, poi contro gli altri riottosi il capitano Angelo Emo che bombardò i porti di Susa, Biserta e Sfax meritando anche l’elogio del Re di Francia Luigi XVI che pochi mesi dopo perderà il suo regno con la Rivoluzione francese. Questo, dopo secoli di battaglie, prima contro le Potenze Europee poi contro i Turchi dell’ Impero Ottomano, fu l’ultimo atto di guerra della Serenissima che pochi anni dopo nel 1797 venne cancellata dal “ grande” di Napoleone.
Tratto da "Storia Veneta" Scripta Edizioni Costabissara (S. Petrini)
Discorso di Perasto
Discorso di Perasto (Dalmazia) pronunciato il 23-08-1997 al momento dell’ ammaina bandiera del Gonfalone di San Marco, deposto sotto l’altare della chiesa di Perasto,l’ultima città a restare veneziana dopo la cancellazione della Repubblica Veneta avvenuta il 12-05-1797 ad opera di Napoleone.
“ In sto amaro momento,in sto ultimo sfogo de amor, de fede al Veneto Serenissimo Dominio, al Gonfalon de la Serenissima Republica, ne sia de conforto, o citadini…….
Savarà da nù i nostri fioi, e la storia del zorno farà savér a tuta l’Europa,che Perasto la ga degnamente sostenudo fin a l’ultimo onor del Veneto Gonfalon, onorando co sto ato solene e deponendolo bagnà del nostro universal amaro pianto….
Par 377 ani le nostre sostanse, el nostro sangue, le nostre vite le xe sempre stae par Ti S. Marco e felicissimi sempre se gavemo reputà Ti con NU,Nu con Ti e sempre con Ti sul mar semo stai ilustri e virtuoxi: Nisùn co Ti ne ga visto scampàr, nisùn co Ti ne ga visto vinti e spauroxi…
Ma xa che altro no ne resta da far par Ti, el nostro cor sia l’onoradisima to tomba e el più duro e el più grando elogio le nostre làgreme.
Capitan Giuseppe Viscovich