Storia Veneta - Venezia e Veneto
Prima parte
Venezia e le altre città della laguna veneta, Grado,
Caorle, Torcello, Chioggia si formarono attorno a preesistenti
piccoli insediamenti di pescatori che l'esodo delle popolazioni
di terraferma sotto la minaccia delle invasioni barbariche
andò ad ingrossare. Da Aquileia si formò Grado,
da Concordia, Altino e Oderzo, Caorle ed Eraclea, da Treviso
e Padova, Venezia e Chioggia. In questi nuclei abitativi
tra le lagune inospitali che pur li difendevano dai barbari,
la vita era dura e la gente semplice ma operosa come ci
riferisce Cassiodoro,viveva come uccelli palustri, cibandosi
principalmente di pesce e dei prodotti ricavati da piccoli
lembi di terra e con il commercio del sale.
Dopo la caduta dell' Impero Romano di Occidente nel 476
d.C, i Goti prima , i Vandali, gli Unni, i Longobardi e
alla fine i Franchi, avevano occupato tutta la terraferma
esclusa la frangia lagunare dove crearono i loro regni,
un sistema feudale con duchi, conti , castelli, la popolazione
asservita e leggi e cultura di matrice nordico-germanica.
Le isole della laguna invece rimanevano sotto l'influenza
e la giurisdizione nominale dell' Esarcato di Ravenna, ultimo
lembo in Italia della sovranità dell' Impero Romano
d' Oriente che continuava a Bisanzio, ed eleggevano all'
inizio i loro tribuni e magistrati liberamente secondo la
tradizionale legislazione romana, in seguito accettarono
il principio dell' autorità unica come difensore
del bene comune, il dux-doge coadiuvato dai maggiorenti.
Già nel 538 il generale bizantino Narsete, nella
lunga guerra contro i Goti che tante rovine provocarono
all' Italia, chiese l'aiuto della flottiglie lagunari per
il trasporto di truppe e rifornimenti .Nel 568 ci fu l'invasione
dei Longobardi, popolo di origine scandinava proveniente
dalla regione danubiana. Nuovi profughi arrivarono nelle
isole dall' entroterra portando con loro anche le reliquie
dei Santi. Nel frattempo la flotta lagunare andava aumentando
anche per far fronte agli attacchi dei corsari provenienti
dalla vicina Dalmazia, e nel 730 fu inviata in aiuto ai
Bizantini per liberare Ravenna occupata da Liutprando re
dei Longobardi.Ma l'autorità bizantina seppure nominale
era stretta per gli isolani che cercavano un po' alla volta
di allentarla. Quando i Longobardi riconquistarono nuovamente
Ravenna ponendo fine all' Esarcato, i Lagunari non senza
aspre dispute, elessero il loro primo dux-doge, che la tradizione
ci tramanda essere stato un cittadino di Eraclea, Paoluccio
Anafesta. Il papa, preoccupato per l'avanzata dei Longobardi
che rapidamente avevano formato un solido regno in tutta
Italia, chiamò in sua difesa i Franchi che scesi
in Italia con Carlomagno, posero fine nel 774al regno Longobardo.
Ora lo scontro era tra Bizanzio ed i Franchi e Pipino figlio
di Carlomagno non tardò a cercare di occupare le
isole ma, dopo aver distrutto Chioggia, fu sconfitto e fermato
dalla flotta Veneziana ad Albiola nell' anno 809. Con la
pace di Aquisgrana nel 812 fu riconosciuta a Venezia la
sovranità sulla frangia lagunare, un tratto di terraferma
lungo il corso del Sile, il suo storico legame con Bisanzio
e la libertà di commercio per i Veneziani in tutto
l'Impero occidentale.
E' in questo periodo che la sede politica del Ducato viene
trasferita da Malamocco a Rialto, centro più sicuro.
Ma i Franchi ripresero i tentativi di inglobare nell' impero
l'area lagunare con una congiura contro il doge poi fallita,
e con il concilio di Mantova per trasferire al Patriarcato
di Aquileia vicino all' Imperatore il Patriarcato di Grado
dal quale dipendeva Venezia. Fu allora che due commercianti
veneziani riuscirono a trafugare le reliquie di San Marco
da Alessandria d'Egitto occupata dagli Arabi portandole
a Venezia riunendo di fatto questo simbolo massimo dell'
Autorità religiosa con quella politica del Doge.
Il doge Giustiniano nell' anno 828 iniziò la costruzione
della Chiesa e da allora la Città e la sua potenza
si sarebbero sempre identificati con il simbolo dell' Evangelista:
il Leone con il Vangelo. La situazione interna continuava
ad essere turbolenta a causa di congiure contro il Doge
mentre all' esterno c'era sempre la minaccia dei pirati
slavi -croati che il doge Giovanni riuscì però
a neutralizzare portando il loro capo Miroslavo alla religione
cristiana. Negli anni successivi una nuova grave minaccia
si profilava. Gli Arabi avevano conquistato la Sicilia e
cominciavano ad occupare le città della Calabria
e della Puglia minacciando le navi commerciali di Venezia.
Una flotta veneto-bizantina fu sconfitta nelle acque di
Taranto, mentre a nord pirati slavi distrussero Caorle.
Dopo che l'ottimo doge Tradonico fu assassinato da fazioni
rivali, un nuovo doge Orso riuscì a battere i pirati
slavi che devastavano le coste dell' Istria e con l'aiuto
di una flotta bizantina e franca riuscì a battere
gli Arabi e liberare la città di Bari. In questo
periodo sorsero dure dispute con il Papa per la nomina dei
Vescovi che il doge esigeva di suo gradimento e per il controllo
della città di Comacchio. Nel frattempo in Europa
si sfaldava l'impero Carolingio e tutta una serie di gerre
fudali ne indebolirono le difese. Ne approfittarono gli
Ungheri che dalla Pannonia si riversarono con devastanti
scorrerie sul Nord Italia le cui città furono saccheggiate.
Tentarono anche di attaccare la laguna riuscendo ad occupare
Chioggia, ma poco pratici delle acque lagunari, furono fermati
e distrutti ad Albiola nel 903. E' in questo periodo durante
la Festa delle Marie quando 12 fanciulle povere andavano
al matrimonio vestite nel modo più sfarzoso alla
presenza del Doge che un gruppo di pirati triestini riuscì
a rapire le ragazze ed il ricco botti, liberate poi a Caorle
dal rapido intervento dei Veneziani. Frattanto prosperavano
i commerci con l'Oriente grazie al legame speciale che Venezia
aveva con Bisanzio, ma una fazione favorevole all' imperatore
Ottone I che aveva preso il controllo del Sacro Romano Impero
di Carlomagno, portò a congiurare contro il doge
Candiano IV che fu fatto uscire dal palazzo ducale incendiandolo
e con questo l'attigua Chiesa di San Marco e poi massacrato
con il figlio. Salì al potere ducale Orseolo II che
per porre fine alle incursioni dei pirati croati, con una
grossa flotta mosse incontro a loro e li sconfisse sottomettendo
al dominio di Venezia tutta la costa della Dalmazia.Era
l'anno 998 il giorno dell' Ascensione che verrà da
allora ricordato con il simbolico sposalizio del Doge con
il mare. Nel 1003 la flotta di Orseolo salpò alla
volta di Bari assediata dai Saraceni e riuscì a liberarla.
Ormai la potenza di Venezia si faceva sentire e sia l'Imperatore
di Occidente che quello d' Oriente vedevano favorevolmente
questa ascesa per contenere l'avanzata araba. Ma la troppa
potenza della famiglia Orseolo non piaceva ai Veneziani
che odiavano le dinastie e costrinsero i suoi menbri all'
esilio. Nel 1042 fu eletto Domenico Contarini che iniziò
la costruzione della nuova Basilica di S. Marco nelle forme
che oggi ammiriamo. Un nuovo pericolo veniva dall' Adriatico
Meridionale. I Normanni originari dalla Scandinavia, occupata
l'Inghilterra e una parte della Francia, vinti gli Arabi
conquistarono la Sicilia e poi rapidamente la Calabria e
la Puglia nonchè le coste dell' Epiro e dell' Albania
possesso di Bisanzio non nascondendo l'ambizione di arrivare
a Costantinopoli. I Veneziani cercarono di reagire ma furono
duramente sconfitti a Corfù con migliaia di morti
e prigionieri. Si narra che questi ultimi fedeli a Venezia,
rifiutarono di entrare nelle milizie normanne e furono tutti
torturati e massacrati. Il nuovo Doge Vitale Falier presi
opportuni accordi con l' Imperatore d'Oriente e previa promessa
di privilegi e garanzie per i Veneziani, decise di unire
le forze e riuscì a Butrinto a sconfiggere la flotta
normanna di Roberto il Guiscardo nal 1085 ponendo fine alla
sua espansione verso oriente. Ma una nuova grave minaccia
si profilava per Bisanzio: l'avanzata dei Turchi dalle steppe
dell' Asia centrale era ormai un pericolo. L'imperatore
chiese aiuto al Papa Urbano II che per liberare i Luoghi
Santi già occupati indisse la prima Crociata alla
quale parteciparono i più insigni esponenti della
nobiltà feudale europea e Genova e Pisa con le loro
navi. In un primo tempo per non compromettere i suoi interessi
nella zona, Venezia si tenne da parte ma quando si avvide
che i Crociati con le navi genovesi avevano nel 1099 conquistato
Gerusalemme e altre città, per non essere tagliata
fuori, allestì una grossa flotta che per dare aiuto
al Crociati alla conquista dell' ultima poderosa piazzaforte
di Tiro nel Libano meridionale. Ma nell' Adriatico settentrionale
gli Ungheri si fecero nuovamente minacciosi cercando di
sottrarre a Venezia le coste della Dalmazia. Nel 1116 nella
difesa e perdita della città di Zara trovò
la morte combattendo valorosamente il Doge Ordelafo Faliero.
Con il Doge Domenico Morosini ci fu un periodo positivo
per Venezia avendo il nuovo Imperatore d'Occidente Federico
nel 1152 riconfermato tutti i privilegi per Venezia: Fu
firmata anche la pace con i Normanni che avevano ripreso
le azioni di disturbo e concesso la protezione alla città
di Fano minacciata dalle vicine Pesaro e Rimini. Con il
successore Vitale Michiel II fu sconfitto il potente Patriarca
di Aquileia Ulrico che con i feudatari friulani tentò
di sottrarre la diocesi di Grado a Venezia., obbligandolo
a consegnare per scherno ogni anno un toro e 12 porci per
la festa del giovedì grasso. Ma con Bisanzio le cose
si mettevano male perchè l'imperatore Manuele Comneno
cominciò ad ostacolare il commercio dei Veneziani
a favore dei tei temibili concorrenti Genovesi e quando
il quartiere Genovese venne distrutto da un incendio, incolpò
i Veneziani e ne incarcerò 10,000.
Venezia mosse la sua flotta ma dovette ritirarsi a causa
di un' epidemia che falcidiò i marinai. Nel frattempo
era sceso in Italia Federico Barbarossa per riprendere il
controllo dei liberi Comuni lombardi che si erano resi indipendenti
dall' autorità Imperiale. La Lega alla quale aderirono
anche alcune città Venete, la stessa Venezia e il
Papa, riuscì a vanificare i tentativi dell' Imperatore
che fu costretto alla pace. Nel 1177 a Venezia, con l'impegno
del Doge Ziani ci fu lo storico incontro durante in quale
Federico I si inginocchiò pubblicamente davanti ad
Alessandro III , questi lo perdonò e gli tolse la
scomunica. Questo avvenimento accrebbe la fama di Venezia
ed il suo prestigio in ambito europeo.
In Oriente però i Saraceni con a capo il valoroso
Saladino iniziarono a riconquistare Gerusalemme e le città
dei Luoghi Santi occupate con la prima Crociata dai Crociati.
per cui il nuovo Papa Gregorio VIII indisse nel 1197 una
nuova crociata. Si presero accordi con Venezia per il trasporto
delle truppe al prezzo di 84.000 marche d'argento ma alla
partenza i Crociati erano meno del previsto e a stento racimolarono
50.000 marche. Allora i Veneziani per compensare la differenza,
suggerirono a Bonifacio di Monferrato capo spedizione, di
aiutarli a conquistare Zara in mano agli Ungheri. La città
fu assalita e saccheggiata ma i Veneziani vennero scomunicati
dal Papa per aver preso le armi contro dei Cristani. Giunse
nel frattempo un invito da parte del Re di Germania Filippo
di Svevia figlio del Barbarossa di aiutare Alessio figlio
del genero Isacco, Imperatore bizantino deposto da un usurpatore,a
riconquistare il regno di Costantinopoli con la promessa
di riunire la Chiesa Orientale con quella Occidentale. Il
Papa era perplesso ma viste le buone intenzioni, approvò.Così
la flotta salpò alla volta di Costantinopoli che
difesa da imponenti mura, da novecento anni non era caduta
in mani nemiche. L'attacco fu rapido e ben organizzato e
la città fu in breve occupata dai Crociati, Alessio
fu rimesso sul trono e proclamò la riunificazione
delle Chiese. Dopo la conquista i Crociati volevano proseguire
per la Terrasanta ma Alessio per consolidare la sua posizione,
con l'approvazione dei Veneziani, chiese loro di rimanere
per l'inverno non considerando le spese gravose per il mantenimento
dell' esercito e della flotta. Ben presto le casse divennero
vuote e si dovettero a fondere oggetti artistici e sacri
nonchè aumentare le tasse per mantenere le truppe,
finchè scoppiò una rivolta contro i Crociati,
non tollerando la città un simile giogo e Alessio,
principale responsabile di quella situazione, fu ucciso.
L'esercito Crociato ed i Veneziani, assalirono allora nuovamente
la città e particolarmente i Franchi si diedero per
tre giorni a saccheggi e massacri della popolazione inerme.
Profanarono Chiese e oggetti sacri , rubarono le reliquie
della Croce,saccheggiarono Santa Sofia, violarono monache,
vergini e sposate, vendettero fanciulli perfino ai Mussulmani,
più di 1000 templi bruciarono e dettero l' inizio
della fine di quella spendità città che era
l'antica capitale del Cesari d'Oriente , erede di Roma,
e da sempre legata a Venezia da vincoli culturali e commerciali.
Era l'Aprile del 1204 e non fu opera di Barbari ma di Crociati
che professavano la stessa fede in Gesù dei Greci-Bizantini.
Il mondo ne fu inorridito. In quella terribile razzia furono
asportati e portati a Venezia i 4 cavalli dorati che adornano
oggi la Basilica di San Marco. Enrico Dandolo, il Doge settantenne
che guidava i Veneziani potè gustarsi quet' amara
vittoria che fu una pagina nera nella storia di Venezia.
Deposto l'Imperatore fu creato un Regno Latino d'Oriente
con a capo Baldovino di Fiandra e Patriarca il Veneziano
Tommaso Morosini. L' Impero fu diviso tra Crociati e Veneziani
i quali ebbero isole e porti sicuri sulle rotte dell' Oriente.
Ma Genovesi e Pisani che avevano ottimi rapporti commerciali
con Bisanzio non potevano stare a vedere e lo scontro con
i Veneziani si aprì subito per il possesso dell'
isola di Creta che alla fine rimase in mani veneziane La
vita dell' Impero Latino d'Oriente non fu facile poichè
alla resistenza bizantina dell' Imperatore deposto si unì
l'esercito bulgaro che occupata l'antica Tracia , l'odierna
Bulgaria, sconfisse e fece strage di Franchi e Veneziani
ad Adrianopoli dove morì lo stesso capo dei Crociati
e l'ultranovantenne Enrico Dandolo. Minacciando per ben
tre volte la stessa Costantinopoli, furono alla fine sconfitti
dalla flotta veneziana condotta da Giovanni Michiel. Sempre
in Oriente, nella Terrasanta, Veneziani e Genovesi erano
al massimo della tensione per il controllo della citta di
Acri, cosa che portò presto allo scontro aperto.
La flotta genovese fu duramente sconfitta e la città
di Acri conquistata dai Veneziani che distrussero il ricco
quartiere genovese. A ricordo della vittoria furono trasportate
a Venezia tre colonne di marmo istoriato che oggi si possono
ammirare nell' angolo sud-ovest della Basilica Marciana.
Ma la partita con i Genovesi era solo all' inizio. Il nuovo
imperatore greco bizantino in esilio a Nicea si stava organizzando
anche con l'aiuto dei Genovesi e cominciò a rioccupare
i territori del suo ex-impero, riuscendo nel 1261 con un
colpo di mano ad occupare anche Costantinopoli. I Latini
-Occidentali furono costretti ad una precipitosa fuga e
a stento si salvarono su 30 galee veneziane ma nel viaggio
verso occidente molti perirono per mancanza di cibo ed acqua.
Così finì tragicamente il sogno veneziano
di un Impero Latino Orientale.
Seconda parte
La politica veneziana nel 1200 era prettamente marittima
e solo marginalmente interessata all' entroterra veneto
verso il quale aveva mantenuto un atteggiamento estraneo.
L' incremento continuo delle attività e dei commerci
portò però Venezia a considerare l'uso dei
fiumi Brenta, Bacchiglione, Sile, per il trasporto dei suoi
prodotti. Ma nel frattenmpo una potente famiglia feudale,
gli Ezzelini, eliminati tutti gli altri signori feudali
e spalleggiato dall' Imperatore Germanico Federico II ,
aveva occupato le città di Treviso, Padova, Vicenza
e Verona fortificandole e ciò non poteva essere che
una minaccia per Venezia. Treviso, con un podestà
veneziano, fu occupata dal fratello di Ezzelino III, Alberico
che instaurò una tirannia attirandosi l'odio della
gente. Quanto Ezzelino III che aveva l'intento di conquistare
Milano, fu sconfitto e morì a Cassano d'Adda, Alberico
lasciò la poco sicura Treviso e si rifugiò
nel suo castello di San Zenone dove fu stretto d'assedio
dalla Lega a cui partecipavano con la benedizione della
Chiesa le città venete e Venezia e alla fine costretto
alla resa alla quale seguì l'orrendo macello di tutta
la sua famiglia.
Era il giorno 25 Agosto 1260 giorno di San Bortolomeo.
E' nella seconda metà del 1200 che iniziò
il viaggio dei Polo verso la Cina a quel tempo dominata
dal Gran Khan Mongolo che aveva occupato anche la Persia
e parte dei territori mussulmani d'Oriente. Tutti questi
territori dal Mediterraneo alla Cina sotto un' unica autorità,
permisero a Polo di effettuare il viaggio verso quel paese
ignoto.
Le memorie di Marco Polo raccolte nel Milione, furono dettate
a Rustichello da Pisa in carcere a Genova dopo che, ritornato
dalla Cina, fu fatto prigioniero dai Genovesi nella disastrosa
sconfitta subita da Venezia nel 1298 a Curzola.
Dopo la sconfitta di Curzola e la scomunica del Papa alla
città per aver occupato la città di Ferrara
che era sotto la giurisdizione papale, il doge Gradenigo
divenne l'uomo più odiato di Venezia ma una congiura
contro lo stesso fallì
e l'immedita conseguenza di portata storica per un maggior
controllo della città, fu la creazione del Consiglio
dei Dieci che doveva coadiuvare il Doge nelle decisioni.
La scomunica papale pesava sulla città perché
oltre a colpire il sentimento religioso era un disastro
economico:
non si potevano celebrare funzioni sacre, matrimoni, funerali,
far testamento, prestare giuramento in giudizio, i cittadini
erano esentati dall' obbligo di fedeltà al Doge,
erano interdetti tutti i commerci con gli altri paesi cristiani.
Dopo 5 anni era un cappio al collo che il nuovo Doge Giovanni
Soranzo voleva levarsi e che alla fine il Papa Clemente
V tolse, previo ritiro dalla città di Ferrara e l'esborso
della somma enorme di 90.000 fiorini d'oro. Così
le anime dei Veneziani ed i loro commerci erano salvi. Anche
nell' entroterra veneto le cose si mettevano male per i
Veneziani in quanto Cangrande della Scala, signore di Verona,
dopo aver conquistato Feltre e Belluno e tolto Padova e
Vicenza ai Carraresi e preso Treviso, aveva cominciato ad
ostacolare i transiti veneziani sulla terraferma. Si creò
una Lega con Venezia, i Gonzaga, gli Estensi ed i Visconti
di Milano per fermare gli Scaligeri e Venezia, con l'aiuto
del deposto Signore di Padova da Carrara, riuscì
ad occupare la città. Si venne alla pace nal 1339
e Venezia ottenne il controllo del Trevigiano e libero accesso
al Padovano. La città con 120.000 abitanti era la
terza d'Europa dopo Napoli e Parigi ed i suoi commerci si
ramificavano in tutto il continente fino alla lontana Inghilterra.
Nel 1342 Edoardo III re d' Inghilterra era impegnato nella
lunga e disastrosa guerra dei 100 anni con il re di Francia
e, a corto di navi, pensò bene di chiedere 40 galee
in affitto alla Serenissima che però diplomaticamente
rifiutò, sia per non inimicarsi il re di Francia
sia perchè i Turchi stavano occupando sempre più
territori dell' impero Bizantino. Contro questo ormai chiaro
pericolo si formò una Lega tra il Papa, Bisanzio,
Cipro, Rodi e Venezia e la flotta con Pietro Zeno riuscì
a rioccupare alcune città dell' Anatolia tra cui
Smirne dove però per un improvviso attacco turco,
trovò la morte. Il 1346 vide l'assedio e la conquista
della città di Zara che sia i sovrani Ungheresi sia
Venezia volevano a tutti i costi. Nel 1355 ci fu un tentativo
di golpe dello stesso doge Marin Falier contro l'aristocrazia
sempre più potente e altezzosa ma scoperto, fu decapitato.
In quell' anno nella continua lotta contro Genova, 56 navi
veneziane furono catturate e 450 marinai prigionieri passati
a fil di spada.Nel 1363 ci fu una grossa rivolta contro
il governo centrale, degli abitanti e dei coloni veneziani
dell' isola di Candia per il peso eccessivo delle tasse
che fu stroncata con continue e sanguinose repressioni.
Nel 1364 il Doge eletto Andrea Contarini, per un triste
presagiò rifiutò il potere ma alla fine pena
l'esilio, vi fu costretto. Iniziò con una guerra
contro l'allora piccola cittadina di Trieste che venne presa
per fame, a Padova Francesco da Carrara complottava contro
Venezia, infine a Cipro Veneziani e Genovesi venivano alle
mani. Padova addirittura stava organizzando un micidiale
fronte antiveneziano con il re d'Ungheria, il duca d'Austria
che voleva il Trevigiano ed i Genovesi, il cui esercito
nei primi scontri, sconfisse i Veneziani. Per salvare la
situazione questi ultimi furono costretti ad assoldare 5.000
feroci mercenari turchi che nella battaglia di Piove di
Sacco riuscirono a battere Ungheresi e Padovani. Il Da Carrara
dovette accettare pesantissime condizioni e mandare suo
figlio Francesco, accompagnato all' occasione dal Petrarca,a
Venezia per chiede perdono al Doge. In Oriente frattanto
i Turchi aveva occupato la Tracia ed erano vicini a Costantinopoli,
ma l'imperatore Giovanni V Paleologo non aveva più
soldi per pagare le truppe. Una sua richiesta d'aiuto all'
Occidente cadde nel vuoto anzi, durante la sua visita a
Venezia, fu messo in carcere per insolvenza.. I Genovesi
in Oriente ormai spadroneggiavano e si sentirono tanto sicuri
da portare lo scontro con Venezia nell' alto Adriatico,
alle porte di casa, dove al largo di Pola, sconfissero la
flotta veneziana il cui comandante vittor Pisani al ritorno
a Venezia,pur ferito, fu incarcerato. La città si
trovò in una gravissima emergenza e tutta la popolazione
fu chiamata ad uno sforzo enorme per la difesa. La flotta
genovese intanto devastate Caorle, Grado e Pellestrina puntava
su Malamocco mentre in terraferma il da Carrara di Padova
riprendeva le armi contro Venezia con 5000 Ungheresi conquistando
Treviso e Mestre. Il 16 Agosto la flotta genovese al comando
di Pietro Doria era al largo di Chioggia che dopo 10 giorni
di assedio fu occupata e saccheggiata. Venezia era ormai
in una morsa e nel grave pericolo la città richiese
a gran voce la liberazione di Vittor Pisani, l'unico comandante
in grado di apprestare le estreme difese, mentre si attendeva
l'arrivo dell' altra flotta veneziana d'Oriente con a capo
Carlo Zeno della quale non si avevano però notizie.
Il doge Contarini, memore della sinistra profezia avuta
a suo tempo, chiese ai Genovesi la pace che però
rigettarono al motto " metteremo le briglie ai cavalli
sfrenati che avete nella Chiesa di S. Marco". Con uno
sforzo enorme si costruirono nell' Arsenale 40 galee, fu
costruito un muro di difesa al Lido, messe palizzate attraverso
i canali e, per ostacolare i Genovesi fermi a Chioggia ,
si riuscì ad ostruire con delle barche piene di pietrisco
affondate il canale d'uscita principale. I Genovesi che
avevano perso inspiegabilmente giorni preziosi, si trovarono
intrappolati a Chioggia e quando finalmente si avvistarone
all' orrizzonte il 1 gennaio del 1380 le vele di Carlo Zeno
un ex sacerdote, divenuto mercenario e pirata per conto
di Venezia, le parti si invertirono. I Genovesi furono stretti
d'assedio a Chioggia dai Veneziani dove lo stesso Pietro
Doria moriva in battaglia e pure Carlo Zeno fu trafitto
al collo da una freccia ma pirata dalle 7 vite, sopravvisse.
Il 24 giugno ridotti alla fame i Genovesi si arresero ed
il doge Contarini rientrò trionfante a Venezia con
le navi cattuare e bel 4500 prigionieri in un tripudio di
folla che con gioia incontenibile festeggiava questa insperata
e definitiva vittoria su Genova .Fu firmata la pace a Torino
ma Venezia dovette cedere Treviso al duca d'Austria e la
Dalmazia agli Ungheri, mantenendo tutti i suoi porti lagunari.
Furono liberati i prigionieri genovesi ridotti a larve umane
e solo la compassione delle donne veneziane che diede loro
cibo e vestiario, sottrasse loro alla morte. La città
si riebbe rapidamente dai danni della guerra ed ebbe una
straordinaria ripresa.
Genova al contrario non si riebbe più dalla sconfitta
e l'orgogliosa città conobbe presto il dominio dei
Francesi e dei Visconti. Morto il doge Andrea Contarini
salvatore della patria, fu eletto Michele Morosini, buon
politico, diventato ricchissimo durante la guerra con le
speculazioni immobiliari: comprava a prezzo stracciato le
case di chi non poteva sottoscrivere il prestito forzoso
di guerra del governo che doveva svendere per avere i denari,
poi rivendendo a guerra finita al prezzo quadruplicato,
ma la peste lo portò via presto. Fu un periodi di
grandi sconvolgimenti sociali: molte famiglie andarono in
miseria, altre divennero improvvisamente ricche ma il governo
della Repubblica rimase ben solido ed autoritario. Fu eletto
Antonio Venier uomo duro ed intransigente che non si lasciò
intenerire dal figlio morente in prigione,condannato per
aver questi ingiuriato un Nobile veneziano.Nel 1384 a soli
3 anni dalla pace di Torino, il da Carrara di Padova riprendeva
la sua attività antiveneziana. Acquistò dal
duca d'Austria il Trevigiano ed il Bellunese e si riprese
il Polesine. In quel periodo una nuova Famiglia diventava
sempre più potente, i Visconti di Milano che si stavano
espandendo a sud verso Bologna e Firenze e verso Est. Fu
inevitabile per Venezia allearsi con i Visconti per combattere
i vicini da Carrara e con l'aiuto dei Milanesi riuscirono
a recuperare il Trevigiano, il Feltrino ed il Bellunese.Vicenza
si diede spontaneamente ai Veneziani che occuparono anche
Verona. I Visconti ,alleati dei Veneziani, avevano occupato
frattanto Padova e catturato Novello da Carrara ma rappresentavano
una nuova pericolosa minaccia per la Serenissima che tramando
riuscì a liberare il da Carrara e lo aiutò
a riprendere la città, ma anziché essere riconoscente,
questi continuò la sua azione contro Venezia. Assediati
dai Veneziani, i da Carrara ostinati oltremisura, non accettarono
le pur generose offerte di pace e infine catturati furoni
imprigionati a Venezia e per porre fine alla questione,
strangolati in carcere.Così dopo 900 anni i discendenti
dei primi profughi di quella stessa terra, ritornarono nella
città di origine.
Venezia era al massimo della potenza e dello splendore.
Ma in Oriente erano già iniziate le schermaglie con
i Turchi
e quando questi ultimi tentarono con l'inganno di impadronirsi
della flotta Veneziana comandata da Loredan si arrivò
ad un vero scontro navale che vide i Veneziani vittoriosi.
Il 31 luglio del 1416 il Sultano siglava la pace ma la lotta
contro i Turchi per Venezia e la stessa Europa sarebbe stata
molto lunga. Il 6 maggio 1418 quasi novantenne moriva quasi
dimenticato Carlo Zeno. L'eroe che aveva combattuto tutta
la vita per Venezia e l'aveva salvata dai Genovesi era stato
spietatamente condannato ad un anno di prigione per aver
ricevuto dai da Carrara 400 ducati per un prestito non dichiarato.
Scontata la pena, partì per la Terrasanta a combattere
i Genovesi non per Venezia ma per il re di Cipro.
Ma quando morto, sul suo corpo si contarono ben 35 ferite
il popolo reclamò per lui i funerali di stato con
la presenza del Doge. Nella terraferma la città di
Milano continuava ad occupare città dell' Italia
settentrionale e centrale compresa Genova.Venezia prese
finalmente la decisione di fermare questo strapotere e le
sue truppe al comando del conte di Carmagnola, capitano
di ventura prima al servizio dei Visconti, riuscì
a batterli a Maclodio ed occupare il territorio di Brescia
e bergamo. Ma l'atteggiamento un po' equivoco del Carmagnola
insospettì la Serenissima che pensò ad un'intesa
col vecchio padrone. Con l' inganno lo convocarono a Venezia
e quì imprigionato, torturato e processato fu alla
fine decapitato tra le 2 colonne della piazza. La guerra
contro i Visconti continuava con altri Capitani di Ventura
tra i quali il Gattamelata che ha un monumento nella piazza
del Santo a Padova e Francesco Sforza anche lui precedentemente
al servizio dei Visconti.Tra cambi di alleanze, Genova cosa
incredibile e lo stesso Imperatore Sigismondo erano con
Venezia e un' alternanza di vittorie e sconfitte la guerra
si protraeva con grande dispendio di energie. Memorabile
fu l'assedio di Brescia che assediata dai Milanesi comandati
dal Piccinino, riuscì con uno sforzo sovrumano al
quale parteciparono anche le donne guidate da Brigida Avogadro,
a resistere per più di un anno senza ricevere rifornimenti,
flagellata dalla peste. In quell' occasione per portare
aiuto alla città i Veneziani trasportarono alcune
navi trascinate da 2000 buoi su rulli attraverso i monti
dall' Adige fino al lago di Garda dove però furono
subito bloccate dai Milanesi nel porto di Torbole. Solo
quando i Visconti attaccarono la stessa Verona in mano veneziana
la faccenda si sboccò perché con un contrattacco
riuscirono a battere i Milanesi . Francesco Sforza, uno
dei capitani delle milizie veneziane che in precedenza aveva
sposato Maria, figlia del Visconti, arrivò fino alle
mura di Milano ed il suocero non sapendo come salvarsi,
promise di nominarlo suo erede, cosa che fece alla morte
poco tempo dopo. Lo Sforza si trovò così capo
delle milizie milanesi e non perse tempo ad andare contro
i Veneziani che furono duramente sconfitti a Caravaggio
nel 1448.
Parevano concretizzarsi le parole del vecchio Doge Mocenigo
prima di morire: Veneziani state sul mare e lasciate perdere
la terra. Ma la prima metà del 400 non fu per i Veneziani
solo un periodo di guerre ma anche un fiorire di nuove creazioni
architettoniche quali Cà Foscari, Cà d' Oro,
Palazzo Corner, dove in una sintesi meravigliosa il gusto
orientale si fondeva con il gotico occidentale e nella pittura
si gettavano le basi con Jacopo Bellini della grande pittura
veneta.
In quel periodo in Oriente ormai dominato dai Turchi, l'isola
di Cipro era l'unico regno cristiano governato da più
di 300 anni dai Lusignano antica famiglia di crociati francesi.
Nel 1468 il re Giacomo II sotto l'influenza del veneziano
Marco Corner sposò l'affascinante figlia di questi,
Caterina. Ma il destino era contro di Lei perché
dopo appena un anno il re morì per un' insolazione,
lasciando sul trono la Regina ed il figlio nascituro che
i Veneziani dovevano proteggere. Ma i nobili dell' isola
mal sopportando la presenza veneziana, in una congiura ammazzarono
i consiglieri ed i parenti veneziani di Lei. Pure il figlioletto
di un anno poco dopo morì. I Veneziani allora cercarono
di prendere sotto controllo la situazione in un modo pesante
anche per la Regina che per liberarsi, parve ad un certo
punto acconsentire al matrimonio con Alfonso di Napoli,
nemico di Venezia. Era un rischio che la Serenissima non
poteva permettersi e tanto fece affinché la Regina
rinunciasse al regno cosa che alla fine fece non senza riluttanza.
Lasciò l'isola e tornò a Venezia dove fu accolta
con grandi onori e festeggiamenti dandole in cambio per
consolazione come feudo personale la cittadina di Asolo,
dove si ritirò circondata da una piccola ma raffinata
corte di letterati e poeti tra cui il famoso Pietro Bembo.
Pur caduta Costantinopoli nel 1453 in mano a Maometto II
che così pose fine all' antico Impero Romano d'Oriente,
Venezia continuò la sua grande stagione politica,
commerciale ed artistica e cercò di concludere con
il Sultano nuovi favorevoli accordi commerciali in un quadro
ai primi tempi amichevole. Continuando però le conquiste
di Maometto II che aveva occupato la Grecia, la Bosnia minacciando
la Dalmazia e quando le armate turche si apprestarono ad
occupare il possedimento veneziano di Negroponte, l'antica
Eubea, Venezia con una flotta inferiore, da sola, dovette
sostenerne l'urto dal momento che le altre potenze europee
se ne disinteressavano. La flotta veneziana , al comando
dell' indeciso Niccolò Canal, non riuscì a
rompere l'assedio dei Turchi che conquistata la citta, massacrarono
la popolazione.
Si racconta che Paolo Erizzo uno dei rettori, che non voleva
essere decapitato, fu segato a metà tra due tavole.
Il Canal all' arrivo a Venezia fu processato e condannato
per codardia. Il continuo impegno bellico stava portando
la città alla bancarotta e la caduta di Negroponte
un abbattimento morale. Finalmente il Papato , il Regno
di Napoli ed il Gran Maestro di Rodi si accorsero del grave
pericolo e accettarono di formare una flotta che riuscì
a conquistare alcune città turche in Anatolia tra
cui Smirne ma senza risultati di fondo. Anzi i Turchi attaccarono
l'Albania difesa dall' eroe nazionale albanese Giorgio Castrota
Scanderberg e nel 1474 posero l'assedio a Scutari , possedimento
veneziano.
La città difesa da soli 2500 uomini con l'aiuto della
popolazione resistette e riuscì a mettere in rotta
i Turchi che lasciarono sul terreno 3000 uomini. Pur facendo
proposte di pace che i Veneziani accettarono, Maometto continuava
ad occupare basi veneziani, addirittura alcune bande di
Turchi avevano invaso il Friuli, portando morte e distruzione
tanto che dalla sommità del campanile di S. Marco
si vedevano i fumi degli incendi. Il Sultano poi con 300.000
uomini e tredici cannoni assediò nuovamente Scutari
che riuscì a respingere tre potenti assalti tanto
che anche questa volta pur infuriato, Maometto II dovette
rimandare la conquista. Venezia si rendeva ben conto che
da sola non poteva sostenere l'urto turco e chiese la pace
a condizioni capestro sia per i possedimenti che per i commerci.
Tuttavia i rapporti tra Venezia ed il Sultano si mantenevano
quasi amichevoli tanto che a sua richiesta, fu inviato a
Costantinopoli Gentile Bellini figlio di Jacopo per fare
il ritratto del Sultano che, oltre ad essere un feroce guerriero,
era anche un raffinato uomo di cultura ma non per questo
tralasciava di conquistare nuove città tra le quali
Otranto in Puglia vendendo schiave in Oriente tutte le donne
della città. Il Papa, il Re di Napoli ed altri Re
cristiani d' Europa gridarono al tradimento perché
Venezia non intervenne con la sua flotta ma si guardarono
bene dare il loro aiuto, anzi ormai gli stati italiani erano
in aperta ostilità con Venezia che mandò la
flotta a conquistare,dopo strenua difesa, la città
di Gallipoli in Puglia possedimento del Re di Napoli.
La fine del 400 e l'inizio del 500 fu l'epoca delle grandi
esplorazioni atlantiche. Dopo Colombo che nel 1492 sbarcò
in America Centrale, Giovanni Caboto per conto del re Inglese
Enrico VII scoprì Terranova dove accanto alla bandiera
inglese piantò anche la bandiera di S. Marco, suo
figlio Sebastiano esplorò la baia di Hudson e poi
per conto del re di Spagna le terre del Rio della Plata
in Argentina cercando inutilmente i paesi dell' oro, Nicola
de Conti da Chioggia navigò nei mari dell' Indonesia
e Cylon e Cadamosto per conto del re del Portogallo costeggiò
le coste inesplorate dell' Africa Occidentale. Il fatto
che un genovese, Cristoforo Colombo, un toscano Amerigi
Vespucci, ed i veneziani Caboto fossero al servizio di potenze
marittime atlantiche era un segno che i tempi erano mutati
e che il Mediterraneo ormai sotto il controllo dei Turchi,
perdeva la sua importanza. Si apriva l'epoca delle potenze
atlantiche.
I Turchi infatti continuavano indisturbati a saccheggiare
le coste dalmate spingendosi fino in Istria ed una flotta
al comando di Antonio Grimani non sortì alcun esito
anzi perse l'isola di Lepanto. Tradotto in catene a Venezia
fu processato e condannato all' esilio. Solo 10 anni dopo
venne riabilitato ed eletto addirittura Doge.
Nel 1498 moriva in Francia Carlo VIII che già era
sceso in Italia reclamando il regno di Napoli e a succedergli
fu
Luigi XII duca d'Orleans che con pretese dinastiche, scese
in Italia per occupare il ducato di Milano. Venezia frattanto
aveva occupato alcune città della Romagna i cui signori
locali avevano chiesta la sua protezione contro Cesare Borgia
figlio del Papa Alessandro VI, ma il nuovo Papa Giulio II
più gerriero che santo, non accettò questo
predominio veneziano su terre considerate da sempre feudo
della Chiesa. Cercò allora alleati stranieri per
contrapporsi a Venezia e li trovò nel re di Francia
Luigi XII che voleva annettersi le città di Bergamo
e Brescia e nell' Imperatore d'Austria Massimiliano che
voleva il Friuli e l'Istria. Il 10 dicembre 1508 a Cambrai
fu sancito un trattato al quale aderì anche la Spagna
per avere i porti pugliesi, I Savoia ed i duchi di Mantova
e di Ferrara, per mettere fine alla Repubblica Veneta. Nell'
imminenza della guerra una violenta esplosione all' Arsenale
privò la Serenissima di una buona scorta di esplosivo
e Venezia, trovandosi sola contro mezza Europa, tentò
la via diplomatica ma inutilmente.
I Francesi attraversarono l'Adda che era confine tra lo
stato di Milano e quello Veneto ed a causa di un mancato
coordinamento tra i due capitani veneziani, Bartolomeo d'Aviano
e Niccolò Orsini, sconfissero le truppe veneziane
ad Agnadello e dilagarono nei territori della Repubblica.
Dal nord scendeva contemporaneamente l'Imperatore Massimiliano
e molte città tra cui Verona, Vicenza, Padova, Cittadella,
Rovereto per evitare il peggio si consegnarono all' Imperatore.
La città di Feltre che resistette fu incendiata ed
i primogeniti delle famiglie più in vista passati
a fil di spada. Dal sud il duca di Ferrara si riprendeva
il Polesine, Rovigo ed Este ed il Papa i territori di Romagna.
Venezia era in una morsa senza scampo. Tra tanto sbandamento
alcuni però rimasero fedeli: il Friuli e la città
di Treviso che si preparò a resistere alle truppe
nemiche incitata anche dall' ambasciatore d'Ungheria preoccupato
dalla potenza austriaca e da un certo Marco, pellicciaio
cremonese. Anche Padova dopo un mese di occupazione imperiale
si ribellò, cacciò la guarnigione tedesca
e con l'aiuto dei veneziani si preparò alla difesa
rinforzando le mura. Un mese dopo, ricevuti rinforzi, Massimiliano
con ben 106 pezzi d'artigliaeria e 40.000 uomini mise l'assedio
alla città. Per due settimane le artiglierie francesi
e tedesche martellarono le mura di Padova che miracolosamente
seppure a pezzi non crollarono e non cedette nemmeno il
morale dei difensori. Vista l'inutilità degli attacchi
, l'Imperatore dopo 15 giorni tolse l'assedio e si ritirò
oltralpe. Da Padova Niccolò Orsini artefice della
difesa, passò a Vicenza e alle altre città
che ben presto ritornarono sotto il Leone. La guerra continuò
con cambio di alleanze che vedeva Venezia ora alleata dei
Francesi contro il Papato aiutato dagli Spagnoli comandati
da Ramon de Cardona che dopo aver saccheggiato e incendiato
Mestre e Marghera, inflisse una sanguinosa sconfitta presso
Schio alle truppe veneziane del D' Aviano.
I Francesi s'erano frattanto ritirati e Venezia si trovò
di nuovo sola. In questi tragici frangenti la città
di Crema nonostante decimata da una pestilenza, continuò
a resistere all' assedio delle truppe Pontificie e degli
Spagnoli.
In una sortita il capitano della città Da Ceri riuscì
anzi a rompere l'assedio ed a liberare anche Bergamo. Morto
il papa guerriero Giulio II fu eletto Leone X che pur di
indole pacifica, era intenzionato a mantenere il controllo
della Chiesa sulle città di Parma e Piacenza. In
Francia a Luigi XII succedeva Francesco I che in qualità
di duca di Milano scese in Italia con 50.000 cavalieri e
60.000 fanti al comando di La Palisse per prenderne possesso.
Venezia ancora alleata dei Francesi, cercò di unire
il suo esercito a quello più potente dei Francesi
contro Spagnoli, Milanesi ,Papalini e Svizzeri. Questi ultimi
furono massacrati dai Francesi nella dura battaglia di Marignano
e quando le due forze si riunirono ottennero una vittoria
completa. Gli Svizzeri da quella data 1517 si ritirano dallo
scenario europeo e rimasero da allora neutrali tra i loro
monti. Dopo 8 anni di contese sanguinose con i più
forti eserciti europei a devastare il Nord Italia, si arrivò
al trattato di Noyon col quale Francia e Spagna si divisero
la penisola ma Venezia riuscì a mantenere i suoi
territori ante guerra. Il 18 febbraio 1517 fu finalmente
con sollievo di tutti stipulata la pace.
Terza parte
Mentre tutto questo succedeva nella penisola, i Turchi procedevano
indisturbati in Oriente nella loro inesorabile espansione.
Nel 1499 Venezia aveva perso nel Peloponneso i due porti
di Modone e Crotone detti " gli occhi delle Repubblica
". Nel 1521 Solimano detto in seguito per le sue conquiste
il Magnifico, poneva l'assedio a Belgrado ultimo baluardo
contro i Turchi nei Balcani. L'anno dopo conquistò
dopo una disperata resistenza l'isola di Rodi retta dai
Cavalieri di S. Giovanni. Tutto questo mentre in Italia
si scontravano nuovamente Francesco I, il Papato e l'Imperatore
cattolico spagnolo Carlo V che mise ad orribile saccheggio
la città di Roma ed il Papa ora alleato dei Francesi,
traeva gli amari frutti della sua irresponsabile politica,
Venezia si tenne saggiamente fuori dalla disputa. Impegnate
le potenze europee a scannarsi tra loro, Solimano attaccò
l'isola di Corfù veneziana dal 1386 che riuscì
a resistere ed i navigli veneziani nel Mediterraneo orientale.
Venezia fu nuovamente costretta a chiedere la pace ed oltre
a pagare 300.000 ducati d'oro, a cedere la città
di Napoli in Romania la cui popolazione si rifugiò
profuga a Venezia. Il 1500 fu per Venezia un secolo paradossale
poiché da un lato la crisi avanzava inesorabile,
dall' altro fu il secolo splendente della Serenissima che
brillava con Pietro Bembo, l'Aretino, Domenico Venier nella
letteratura, con il Veronese, il Tintoretto, il Tiziano
nella pittura, con il Palladio ed il Sansovino nell' architettura.
Accanto alla committenza privata quali il palazzo Corner
detta Ca' Grande ed il palazzo Manin, ci sono quelle pubbliche
della Biblioteca e della Zecca curate dal Sansovino e tutto
ciò dava a Venezia un volto opulento e cosmopolita
creando il secolo d'oro della Repubblica, pur in piena crisi
economica. La situazione finanziaria era disastrosa sia
per i costi delle continue guerre sia per la quantità
dei debiti di privati verso il governo ormai inesigibili.
L'amministrazione che da sempre era efficente si stava inceppando
e la crisi finanziaria portava con sè anche i germi
della crisi morale, ma non per questo mancavano le continue
feste e le cerimonie sontuose. Venezia prima di tutto aveva
bisogno di rassicurare sé stessa. Pur avendo firmata
la pace con i Turchi e pagato 300.000 ducati d' oro a Solimano,
questi continuava ad occupare nuovi territori nell' indifferenza
delle altre potenze europee, tentando, ma non riuscendo,
la conquista di Malta. Anche Cipro, possedimento veneziano,
fu investito dalla potente flotta di Selim II, successore
di Solimano, riaprendo nuovamente le ostilità belliche
tra Venezia ed i Turchi. Con un rinnovato sforzo bellico
Venezia allestì una flotta di 144 navi al comando
di Girolamo Zane che insieme ad una flotta spagnola al comando
del genovese Andrea Doria dovevano liberare Cipro. Ma l'astio
del Doria contro i Veneziani e la perdita di mesi preziosi
condusse al fallimento dell' operazione e la capitale dell'
isola Nicosia dopo strenua difesa, fu occupata e saccheggiata
orribilmente dai Turchi, disonorando le promesse di far
salva la popolazione. Gli uomini furono massacrati e le
donne mandate schiave in Anatolia. Tanto era triste e vergognosa
la sorte che attendeva queste sventurate che durante il
tragitto , una nobildonna veneziana Bellisandra Maraviglia,
sorella di Giovanni segretario del senato veneziano, riuscì
pur di non arrivare a destinazione, a far saltare la santabarbara
della nave e di altre due che colarono a picco con tutto
il loro carico umano. Si salvarono solo 6 turchi. Dopo aver
occupato Nicosia i Turchi volevano occupare il resto dell'
isola di Cipro. La flotta veneziana che era rimasta inattiva
a Creta per i contrasti col Doria, inferiore di numero a
quella turca, preferì ritornare a Venezia lasciando
Cipro al suo triste destino. Restava ai Turchi con a capo
il feroce Mustafà e 200.000 soldati la conquista
della cittadella superfortificata di Famagosta difesa da
10.000 uomini al comando del perugino Astorre Baglioni e
di Marco Antonio Bragadin. All' intimazione di resa accompagnata
dalla testa mozzata di Niccolò Dandolo difensore
di Nicosia, la risposta fu difesa ad oltranza. Per otto
mesi le armate turche cercarono senza risultato di penetrare
le difese della cittadella. I Turchi bombardarono per 3
giorni consecutivi le mura che tutta la popolazione con
abnegazione continuava a riparare, ma ormai le munizioni
ed i viveri scarseggiavano, le malattie infierivano ed i
rifornimenti non arrivavano. Non sapevano che la flotta
aveva preso la via del ritorno pur ricevendo in una fortunata
sortita viveri e 1400 soldati italiani di rinforzo. Anche
i Turchi avevano ricevuto di rinforzo 100 galee e 50.000
soldati freschi pronti a combattere fino alla morte .Iniziava
la fase più drammatica della resistenza. I Turchi
avevano piazzato una grossa quantità di esplosivo
su un punto delle fortificazioni ed il potente scoppio aprì
una breccia sulle mura,dove si lanciarono subito i soldati
ottomani, ma la resistenza degli uomini di Bragadin aiutati
dalle donne fu così accanita che i turchi dovettero
ritirarsi. Niente e nessuno ormai poteva però mutare
l'orribile destino della città. Dopo quasi un anno
di assedio, privi ormai di speranza, i due capitani decisero
per la resa, sperando di evitare alla popolazioni stragi
e distruzioni e così fu stipulato un accordo sottoscritto
da Mustafà in persona. Ma quando i due comandanti
si recarono al campo nemico per consegnate le chiavi della
città, l'odio ed il rancore di Mustafà fino
allora ben dissimulato esplose alla presenza dei due eroi
e, dopo aver tagliato personalmente al Bragadin un orecchio,
l'altro ed il naso, lo fece rinchiudere in prigione per
15 giorni in modo che le ferite andassero in cancrena. Frattanto
ben 350 teste vennero accatastate davanti alla sua tenda
e la città sottoposta al solito orribile saccheggio.
Il Bragadin fu poi tratto da prigione e fatto correre sulle
mura con sacchi di pietre sulle spalle, poi legato ad una
panca ed issato a mo' di scherno sul pennone più
alto della nave ammiraglia, infine portato sulla piazza
di Famagosta, legato ad una colonna e scorticato vivo. Dopo
morto il suo capo fu decapitato e issato su una forca, il
corpo fatto a pezzi e la pelle imbottita di paglia a mo'
di fantoccio fatto girare sopra una vacca per la città
sbigottita da tanto inutile scempio. I resti del povero
Bragadin furono finalmente posti in una cassa e recapitati
al bailo veneziano di Istanbul ed ora riposano nella Chiesa
di SS. Giovanni e Paolo a Venezia. La caduta dell' intera
isola di Cipro in mano ai Turchi e l'orribile morte di Bragadin
scossero gli animi dei regnanti europei ed una accordo congiunto
tra Spagna, Venezia, e Papa PioV diede corso ad una Sacra
Allenza con a capo Giovanni d'Austria, fratellastro del
Re di Spagna, che si proponeva di eliminare la minaccia
turca. Il 6 ottobre 1571 i Turchi lasciarono il porto di
Lepanto nel golfo di Patrasso e si mossero con 202 galee
contro le 171 galee della flotta cristiana delle quali 53
veneziane erano al comando di Antonio Barbarigo. Le prime
navi attaccate furono quelle veneziane che supportate da
alcune galeazze con potenti cannoni procurarono ampi vuoti
nella flotta ottomana pur rimanendo lostesso Barbarigo ferito
ed il suo vice Marco Contarini ucciso. Al centro dello schieramento
la nave ammiraglia di Giovanni d'Austria agganciò
l'ammiraglia di Alì Pascià e ci furono da
entrambe le parti feroci arrembaggi degli equipaggi ma quando
lo stesso Alì Pascià cadde colpito da una
cannonata, i Turchi si sbandarono e pur continuando la battaglia
per tutta la giornata con a capo Ulugh Alì, alla
fine furono completamente sconfitti con 113 navi affondate
e 117 catturate contro le 13 navi cristiane. Le perdite
umane per entrambe le parti furono alte con 15.000 caduti
cristiani contro 30.000 turchi e 8000 prigionieri. Inoltre
la Lega ebbe la soddisfazione di liberare 15.000 schiavi
cristiani nelle galee turche e recuperare un bottino ingente
che solo nella nave ammiraglia ammontava a ben 150.000 zecchini
d'oro. Evidentemente Alì Pascià era sicuro
di vincere.L' avanzata turca almeno sul mare era per il
momento fermata e Venezia esultante, festeggiò la
vittoria con una processione di ringraziamento che da allora
si ripetè il 7 ottobre di ogni anno. Morto Pio V
l'alleanza tra Spagna e Venezia di per sé già
problematica, si allentò e si perse una buona occasione
di distruggere completamente la flotta turca intrappolata
a Navarino, rifiutando la Spagna di intervenire.. A Venezia
non rimase che rifare un nuovo trattato di pace con i Turchi
sempre minacciosi attirandosi le sdegnate reazioni delle
nazioni europee che però stavano solo a guardare.
Venezia rinunciò a Cipro e si impregnò a pagare
ben 300.000 ducati per non essere impedita nei suoi commerci.
In Europa il nuovo Re di Francia Enrico III responsabile
dell' eccidio degli Ugonotti e sempre più antispagnolo,
ebbe l'occasione e l'invito di visitare Venezia che gli
riservò un' accoglienza fastosa. In quest' occasione
il sovrano non disdegnò di far visita alla più
famosa cortigiana veneziana Veronica Franco della quale
conservò un ritratto e di incontrare nel suo studio
Tiziano Vecellio il pittore dei Potenti con il quale si
intrattenne amabilmente.Venezia in quell' occasione ebbe
modo di manifestare all' importante ospite tutto il suo
spendore prima che il suo volto pochi mesi dopo, venisse
devastato da un implacabile ed invincibile nemico, la peste.
Era questo un flagello che si era già abbattuto sulla
città , ma quella del 1576 fu di una intensità
spaventosa anche perché inizialmente venne o per
ignoranza o opportunismo sottovalutata. Migliaia di persone
attaccate dal morbo furono confinate nei lazzaretti dove
tra i miasmi ed i fumi delle cose bruciate si formò
la città dei moribondi La pestilenza imperversò
per più di un anno e fece 50.000 vittime tra le quali
il figlio e lo stesso Tiziano. Quando la città uscì
finalmente da questo incubo, fece erigere per ringraziamento
la splendida Chiesa del Redentore affidata all' arte del
Palladio. Da allora ogni anno la terza domenica di luglio
il Doge e tutta la cittadinanza si recava con un ponte di
barche al Redentore alla Giudecca per ricordare la fine
di quella calamità, data che viene tuttora magnificamente
festeggiata in laguna. Nel 1577 fu eletto Doge Sebastiano
Venier che era il comandante veneziano a Lepanto. Erano
passati 6 anni da quella vittoria del quale era orgogliosissimo
ma al momento del suo insediamento accolse con benevolenza
una rappresentanza dei commercianti turchi di Venezia venuta
a porgergli i loro omaggi.
Durante il suo dogado ci fu purtroppo un disastroso incendio
del Palazzo Ducale che distrusse tutti i capolavori del
Bellini, del Gurianto, del Tiziano, del Tintoretto e del
Veronese che adornavano splendidamente il palazzo.
Con la fine del 1500 nuovi problemi sorsero per Venezia
con il Papa in campo questa volta religioso. Da sempre Venezia
fu tollerante con tutti i credi, ebrei, mussulmani, ortodossi,
protestanti, dato il carattere di città si fece sentire
anche a Venezia dove venivano pubblicati libri che altrove
erano proibili dalla Chiesa. Non solo la Repubblica
non aveva mandato a Roma dal Papa il nuovo Patriarca Francesco
Vendramin per la conferma della nomina , ma il governo teneva
in carcere due preti veneziani accusati di frode ed omicidio,
soggetti alla sola giurisdizione ecclesiastica.
Il Papa Paolo V furioso lanciò alla città
l'interdetto che il Doge Leonardo Donà respinse obbligando
il clero veneziano a continuare nelle sue funzioni, riconoscendo
la sola Autorità della " Divina Maestà".
Prima Veneziani , poi Cristiani. Per il Doge era il Papa
che sbagliava non riconoscendo i sacrosanti diritti della
Repubblica confortato in questo dalle tesi di fra Paolo
Sarpi ,un intelligente religioso veneziano che confutò
parola per parola le ragioni accampate dal Papa al fine
di tenere ben distinte le questioni celesti da quelle temporali.
Citato davanti al tribunale dell' Inquisizione non si presentò
ma venne pugnalato da sicari papalini che lasciatolo per
morto, riuscì però a salvarsi.Venezia non
cedette alle pressioni del Papa e dopo un anno con la mediazione
della Francia, Paolo V ritirò l'interdetto che fu
anche l'ultimo: per la Serenissima era una vittoria politica
e morale. Ma con la Spagna alleata della Chiesa che ormai
dominava tutta l'Italia escluso il Regno Sabaudo e la Repubblica
Veneta, i conti all' inizio del 1600 erano sempre aperti.
La potente nazione , pur di porre fine alla Serenissima,
non esitò ad ordire una grossa congiura tramite il
suo ambasciatore a Venezia, fortunatamente scoperta in tempo
e neutralizzata. Venezia era ancora salva. In conseguenza
di ciò le misure di sicurezza furono intensificate
e ne furono vittime anche persone innocenti tra le quali
il senatore Antonio Foscarini, accusato da una denuncia
anonima di tramare con agenti stranieri contro la Repubblica,
condannato e giustiziato, salvo poi risultare innocente.
Nell' Italia settentrionale frattanto in seguito a problemi
di successione nel ducato di Mantova alla morte di Vincenzo
II Gonzaga, si riaccesero le rivalità tra Spagna
e Francia e pur di non avere gli Spagnoli ai confini, Venezia
si schierò con la Francia ed inviò alla città
aiuti ed uomini. Ma dopo una durissima sconfitta a Valeggio
sul Mincio ed un assedio di circa 10 mesi la bella e colta
Mantova fu conquistata e sottoposta ad un orribile saccheggio
da parte delle truppe imperiali tedesche alleate degli Spagnoli
che portano in città la peste che si propagò
presto in tutto il nord, Venezia compresa. Questa ondata
micidiale come la precedente, provocò 46.500 vittime
nella sola città e 35.000 nelle isole riducendo la
popolazione a 102.000 abitanti, il minimo storico. Anche
questa volta i Veneziani fecero voto di costruire una basilica
alla Madonna della Salute, all' inizio del Canal Grande,
opera affidata alla maestria di Baldassarre Longhena.
A metà del 1600 i Turchi si fecero nuovamente pericolosi
e con la scusa di porre termine agli attacchi subiti dai
Cavalieri di Malta, sbarcarono sull' isola di Candia, veneziana
dal 1211. Ancora una volta Venezia doveva sostenere principalmente
da sola una nuova guerra pur con qualche aiuto da parte
del Papa, della Spagna e della Francia.
Le casse dello stato erano però più vuote
che piene per cui il governo dovette per rimpinguarle mettere
all' asta titoli nobiliari assai ambiti e chiedere l'aiuto
dei privati. Lo stesso Patriarca Giovan Francesco Morosini
offrì dei beni personali e rinunciò alle rendite
di sua spettanza. Ma a guidare questa nuova spedizione non
c'era l'uomo giusto ed un' azione portata avanti fiaccamente
consentì ai Turchi di conquistare a Candia l'isola
fortezza di S. Teodoro il cui difensore, Biagio Zuliani,
preferì, facendo saltare il deposito munizioni, perire
con tutta la famiglia e gli ultini 75 difensori piuttosto
di cadere in mano nemiche. Finalmente fu nominato capo della
flotta Battista Grimani ,valente comandante che riuscì
in un piccolo scontro a catturare Meemet Agà fratello
del vicerè di Algeri. Ulteriori duri scontri per
contrastare i movimenti turchi attorno all' isola di Candia
avvennero nelle acque greche con i Veneziani spesso vittoriosi.
Ci furono battaglie anche in Dalmazia dove con una brillante
operazione, Leonardo Foscolo riprese la città fortificata
di Clissa battendo sul campo un contingente turco di 5000
soldati. Questa persistente guerriglia durò per 20
anni finché il 10 luglio 1651 la flotta veneziana
al largo dell' isola di Parros sconfisse pesantemente quella
turca..Nel 1654 Giuseppe Dolfin con 16 navi, due galeazze
e otto galee per impedire i rifornimenti turchi , tentò
di bloccare lo stretto dei Dardanelli, ma circondati da
ben 64 galee nemiche e 24 navi ,riuscì ad evitare
un disastro puntando con la sua nave pur danneggiata verso
l'Ammiraglia turca e conquistarla dopo un durissimo arrembaggio.
Ma ben maggiore fu la vittoria sempre sullo stretto dei
Dardanelli il 30 Agosto 1656 quando la flotta veneziana
sgominò la flotta turca che perse 45 galee, migliaia
di soldati e furono liberati 5.000 schiavi cristiani, vittoria
che al ritorno a Venezia del comandante Lazzaro Mocenigo
fu degnamente festeggiata. L'anno seguente l'intrepido Mocenigo
salpava nuovamente alla volta dei Dardanelli per affrontare
nuovamente la flotta nemica nel frattempo rinforzata con
33 galee e 22 navi più molti legni minori, però
le pessime condizioni del mare spazzato da un forte vento
che impediva le manovre, non permise alla flotta veneziana
di ottenere un chiara vittoria. Dopo 3 giorni di combattimenti
riuscirono a distruggere o catturare alcune navi nemiche
ma i Veneziani persero il loro comandate colpito alla testa
dall' albero della nave, tranciato da una cannonata sparata
da terra.
Intanto a Candia i Turchi intenzionati ad occupare tutta
l'isola, posero assedio alla città di Candia che
ben fortificata e difesa da Leonardo Mocenigo con 10.000
uomini, resistette ai primi furiosi assalti dei nemici.
Un aiuto venne infine anche dalla Francia che mandò
4.000 soldati e dall' Imperatore tedesco con 2000 ma, rifiutando
di ricevere ordini dal comandante veneziano., non furono
determinanti. Il 22 maggio 1667 un eccezionale esercito
turco si schierò sotto le mura della città
con ben 55 grossi cannoni e 11 mortai pesanti che furono
concentrati su punti precisi delle fortificazioni. Dopo
20 anni d'assedio fiacco giungeva l'ora decisiva con a capo
il Gran Visir in persona. In 6 mesi ben 32 furono gli assalti
condotti invanamente contro la città dove, aiutati
dalla popolazione e dalle donne, si riparavano in continuazione
i danni alle mura prodotti dai cannoni nemici. La cosa si
faceva lunga anche per il Gran Visir che decise di scrivere
al capitano Francesco Morosini proponendo una resa onorevole
cosa che il Morosini rifiutò sdegnosamente. Più
della convenienza ormai si trattava del prestigio di Venezia
.Alla fine del 1669 l'assedio di Candia continuava e finalmente
anche l'Europa capì che bisognava portare aiuto a
Venezia. Luigi XIV re di Francia autorizzò un gruppo
di 500 volontari in massima parte aristocratici in cerca
di gloria che nel campo di battaglia si gettarono coraggiosamente
contro i Turchi ottenendo però risultati minimi.
Solo nel 1668 Venezia aveva perso 5340 uomini, 586 ufficiali
e 2400 fra guastatori e remiganti e sostenuto un costo per
4.500.000 ducati. Nel 1669 continuava lo stillicidio delle
perdite tra le quali ci fu anche Caterino Cornaro valente
comandante della difesa veneziana. Il suo corpo fu solennemente
tumulato nella Chiesa del Santo a Padova. Nuovi rinforzi
francesi guidati dal duca di Noailles attaccarono decisamente
i Turchi in campo aperto lasciando sul terreno 500 morti
ma anche stavolta non ci furono risultati ed il comandante
francese, vista la situazione priva di speranza, pur implorato
di restare, fece ritorno in patria seguito dalle navi pontificie,
da quelle imperiali e da quelle dei Cavalieri di Malta.
Il Leone di S. Marco restava nuovamente solo con una guarnigione
di 3.500 uomini ed una popolazione meno che dimezzata. I
Turchi accortisi della situazione critica, sferrarono un
ennesimo violento attacco contro le difese che disperatamente
ancora resistettero. Ma Francesco Morosini, considerato
ormai inutile proseguire, decise di chiedere la resa al
Gran Visir che dopo un' iniziale tensione, la accordò.
I Veneziani e chi lo desiderava dovevano entro 12 giorni
lasciare la città con il loro averi e così
dopo 465 anni di permanenza e 22 anni di assedio, il 26
settembre 1669 su 14 galee i veneziani lasciarono per sempre
l'isola. Forte fu l'eco in Europa della perdita dell' ultimo
possedimento nell' Egeo per Venezia che aveva anche perso
a causa di tutte queste guerre il monopolio del commercio
con l' Oriente. Tuttavia l'abilità del vecchio Doge
Domenico Contarini riuscì in 15 anni a riportare
Venezia alla tranquillità ed ad un buon livello di
vita che non mancò di produrre i suoi frutti anche
nella cultura. E' di questo periodo la fama di una intelligente
nobildonna veneziana Elena Cornaro Piscopia che fu la prima
donna al mondo nel 1678 a prendere la laurea in filosofia,
allora esclusivo privilegio maschile, all' università
di Padova dove tuttora una statua la ricorda. Il ricordo
di Creta era ancora vivo, quando i Turchi nel 1684 chiamati
dagli Ungheresi che si erano ribellati all' Imperatore Leopoldo,
giunsero con un potente esercito alle porte di Vienna nel
cuore dell' Europa. Ora tutte le potenze che prima negavano
aiuto a Venezia, sotto questo pericolo mortale richiesero
l'intervento della Serenissima.
Venezia alla fine decise per l'intervento ed a Francesco
Morosini l' ultimo difensore di Candia, che al ritorno in
patria era stato però prima processato per tradimento
e poi assolto, fu dato il comando della flotta. In breve
occupò alcune isole di controllo nell'' Adriatico
meridionale e poi pose l'assedio a Corone persa 200 anni
prima. Al momento della tregua alcuni parlamentari veneziani
vennero colpiti da un colpo di cannone , ciò fece
infuriare gli assedianti che si diedero principalmente gli
imperiali ad un orribile massacro dei cittadini. Conquistata
Corone il Morosini in sintonia con le truppe di terra comandate
da Otto von Konigsmark uno svedese assoldato dalla repubblica,
intraprese l'occupazione di tutta la Morea e dell' importante
città di Napoli di Romania oltre alle città
di Lepanto, Patrasso ed infine Atene. L'antica e spendida
città era ornai da secoli in una triste decadenza
e delle glorie passate esisteva solo il ricordo. Fu durante
l'assedio di Atene che da una nave veneziana partì
un colpo di cannone che raggiunse il Partenone dove i Turchi
avevano il deposito di munizioni. La grande esplosione che
ne conseguì deturpò per sempre quello che
era il simbolo della civiltà occidentale. Non contento
il Morosini dopo la conquista volle recuperare i cavalli
del carro di Atena dal frontone del tempio che andarono
però in mille pezzi. Così lo scempio di quel
vetusto monumento si era miseramente compiuto.Da Atene,
galvanizzato , Morosini puntò su Negroponte ma più
del nemico fece una terribile pestilenza che falcidiò
i soldati compreso il comandante svedese che alla fine si
ammutinarono.
Pur con questa disfatta, al ritorno, a Francesco Morosini
furono fatte accoglienze trionfali, fu eletto Doge e ricevette
da Papa Alessandro VIII un veneziano i massimi onori quale
difensore della Cristianità. Ma benché 74enne
il mar Egeo richiedeva ancora la sua presenza dove purtroppo
per malattia morì nel gennaio del 1694. Fu messo
al comando Antonio Zen che pur scontrandosi duramente con
i Turchi, lasciò nelle loro mani l'isola di Scio
conquistata sei mesi prima. Tradotto in ceppi a Venezia
fu processato per codardia e morì in prigione. Dopo
di lui Alessandro Molin ottenne alcuni successi prendendo
il controllo di parte dell' Egeo. Un altro comandante Jacopo
Cornaro aiutato dal cavaliere Dolfin dopo mesi di schermaglie
impegnò a Metellino la flotta turca riportando una
parziale vittoria.
I Turchi furono nel frattempo sconfitti dal re di Polonia
ma alla conseguente pace di Karlowitz il 13 novembre 1698
a Venezia venne riconosciuta solo la Morea e qualche altro
piccolo possedimento. Atene ritornò al Sultano.
Agli inizi del 1700 sorsero in Europa problemi dinastici
al trono di Spagna che videro contrapposti l'Imperatore
e la Francia. ma da questa disputa Venezia si tenne prudentemente
fuori e solo dopo 4 anni di guerra si arrivò alla
pace di Utrech. Di questa occasione ne approfittò
il Sultano intenzionato a riprendersi la Morea e mosse guerra
a Venezia che non reagendo tempestivamente , perse nel 1715
i territori conquistati dal Morosini. I Turchi con 30.000
uomini misero l'assedio anche a Corfù ben difesa
dal capitano tedesco Johan Von der Schulenburg al servizio
della Serenissima, che in una improvvisa sortita con 800
uomini scelti, riuscì a mettere in fuga il nemico
che fu costretto a togliere l'assedio. Un improvviso e furioso
tempoprale che allagò il campo turco ed affondò
parecchie loro navi completò la vittoria, ben ricompensata
da Venezia con 5000 ducati ed una spada d'oro allo Schulenburg.
Nella primavera dell' anno dopo Venezia aveva allestita
una nuova flotta di 27 navi che,al comando di Ludovico Flangini,
si portò ai Dardanelli . Dopo aver atteso il vento
favorevole la flotta turca attaccò una battaglia
durissima ma alcune delle loro navi furono affondate e l'Ammiraglia
stessa gravemente danneggiata. Nella battaglia il Flangini
venne colpito ma pur moribondo volle restare nel cassero
a dirigere le ultime fasi del vittorioso scontro. Vewnezia
perdeva con lui l'ultimo eroe. La flotta nemica fu ancora
sconfitta a Matapan da Andrea Pisani ed in Dalmazia da Alvise
Mocenigo, mentre sul fronte terrestre l'armata della Lega
capitanata da Eugenio di Savoia riuscì a riconquistare
Belgrado. Il Sultano fu così costretto a chiedere
la pace e nel 1718 col trattato di Passarowitz fu posta
fine all' espansione mussulmana in Europa. Venezia ottenne
però ben poco, non riottenne la Morea ma solo alcune
piccole isole e naturalmente Corfù dove però
come in un sinistro presagio,un fulmine penetrato nel deposito
munizioni, fece saltare il castello. Caduto lo spauracchio
turco Venezia si trovo spiazzata venendo a mancare quella
tensione che comportava la lotta e non le restarono che
i gloriosi ricordi e la cultura. Anche i traffici avevano
preso le rotte del Nord Europa dove i galeoni erano molto
più capaci e veloci delle tradizionali galee veneziane.
Il Settecento pur per la Serenissima il secolo della fine,
fu anche un periodo di massima cultura con Tiepolo, Canaletto,
Guardi, Longhi nella pittura, Vivaldi, Benedetto Marcello,
Albinoni , Tartini, nella musica, Casanova e Goldoni nella
letteratura e nel teatro. La lingua veneziana era usata
non solo nei documenti ufficiali della Repubblica ma anche
nei trattati internazionali e, come lo zecchino d'oro era
la moneta franca in Europa, la lingua veneziana era la lingua
franca nei commerci e in displomazia se lo stesso ambasciatore
veneziano parlava con il Gran Visir in veneziano, quello
che è l'inglese oggi.
Un nuovo attrito sorse in quegli anni tra Venezia ed il
Papa Benedetto XIV che per compiacere l'Imperatrice d'Austria
Maria Teresa aveva deciso di dividere dopo 1200 anni il
Patriarcato di Aquilea che da sempre era sotto l' influenza
veneziana in due arcivescovadi veneziano ed austriaco. Venezia
rigettò questa proposta ma alla fine dovette accettare
questo diktat : non poteva più alzare tanto la voce.
Tuttavia per ritorsione tolse con un editto tutti i privilegi
, le indungenze, le dispense che i Veneziani avrebbero chiesto
e ottenuto previo pagamento dal Papa. Inoltre chiuse 127
monasteri e conventi vendendone le proprietà ricavandone
la bella somma di 3 milioni di ducati dei quali il governo
aveva assolutamente bisogno. Con l'elezione del nuovo Papa
Clemente XIII veneziano i dissidi si appianarono presto
e portò serenità tra i due Stati tanto che
il Doge fu insignito dal Papa dell' onorificenza della Rosa
d'oro per motivi particolarmente virtuosi.
Cessato il pericolo del Sultano turco sul mare si fecero
sempre più aggressivi i pirati dei piccoli regni
arabi del Nord Africa che ostacolavano i commerci delle
nazioni europee e veneziane. All' inizio si risolse la questione
con pagamenti e trattati con il Bey di Tripoli, Tunisi ed
Algeri ma continuando le azioni piratesche, Venezia decise
di mandare alcune navi al comando di Angelo Emo per chiudere
la questione. Dopo aver bombardato la città di Susa
e di Sfax costrinse il Bey a accosentire ad un altro accordo,
non avendoVenezia la forza sufficente a chiedere di più.
Emo, disilluso e provato nel fisico si ritirò a Malta
dove morì. Il suo corpo imbalsamato ricevette gli
onori del Cavalieri di Malta e rientrato a Venezia ebbe
un grandioso funerale quasi un preludio a quello della Serenissima.
Nello stesso anno 1792 che moriva Emo, il popolo francese
dava inizio alla Rivoluzione i cui ideali di libertà,
uguaglianza, fraternità sconvolsero alle radici le
vecchie Monarchie assolute europee. L'artefice di questa
nuova Europa che ben difficilmente Venezia avrebbe potuto
ignorare era Napoleone Buonaparte. Venuto meno il suo ruolo
nel Mediterraneo, la Serenissima doveva ormai cedere il
posto ad altre potenze. Pur consapevole della sua gloriosa
storia si vedeva ormai emarginata dai grandi avvenimenti
europei e chiudendosi a riccio, cercò rifugio in
una innaturale neutralità nel turbinio degli eventi
che le saranno fatali. Come le altre monarchie europee anche
Venezia aveva da temere dalle nuove idee pur essendo una
Repubblica ma con un governo oligarchico che di democratico
aveva ben poco. Questo tipo di governo fu la sua forza e
stabilità nell' arco di 10 secoli ma le fu fatale
nell' ultimo. Incapace di rinnovarsi e di esprimere qualcosa
di nuovo, la classe politica veneziana aveva ormai ben poco
da dire e da rappresentare se non sé stessa. Il suo
ultimo Doge Lodovico Manin fu il perfetto rappresentante
di questa aristocrazia imbalsamata incapace di reagire.
Mentre tutte le potenze europee facevano fronte comune contro
la minaccia francese, pur invitata ad entrare nell' Alleanza,
Venezia intimorita continuava a dichiararsi neutrale ed
incredibilmente dimostrò qualche simpatia per il
governo rivoluzionario francese allontanando dalla città
il fratello del Re ghigliottinato, Luigi conte di Provenza
che sperava di trovare rifugio nella neutrale Venezia. Ma
restar fuori era impossibile dal momento che la vicina Austria
Imperiale era nel 1796 in guerra aperta con la Francia di
Napoleone le cui truppe avevano già occupato la Lombardia
con Milano e buona parte del territorio veneto. Mentre a
Verona ed in altre località venete, nel Tirolo ed
in Dalmazia, ci fu resistenza popolare alle truppe francesi,
il Doge nel suo palazzo non reagiva. Il 29 Aprile intanto
a Venezia si riuniva per l'ultima volta il Senato ed il
Doge convocò per il giorno seguente il Maggior Consiglio,
ma le truppe francesi erano già alle porte di Venezia
. Napoleone dichiarò ufficialmente guerra alla Repubblica
e 3000 soldati francesi entrarono in città prendendo
in consegna l'Arsenale, la Flotta, il Palazzo Ducale e la
Zecca dando corso alla più grande rapina del secolo:
capolavori di artisti famosi vennero asportati e mandati
in Francia, e senza riguardo per nessuno, oggetti preziosi
sacri e profani furono fusi per ricavarne oro e argento
tanto necessari a Napoleone. In piazza San Marco venne eretto
l'albero della libertà ed il popolo elesse i suoi
rappresentati nel governo provvisorio. Il 12 maggio si riunì
per l'ultima volta il Maggior Consiglio mentre all' esterno
fu sparata una salva di fucileria dalle fidate guarnigioni
dalmate che lasciavano Venezia, che mal interpretata affrettò
la decisione degli impauriti membri di approvare la mozione
napoleonica, per poi dileguarsi al più presto lasciando
solo il Doge che, consegnate le insegne ducali al proprio
cameriere, disse solo queste parole " Tolè queste
non le dopero più ". Nella piazza intanto gli
animi si riscaldavano tra chi gridava " Viva S. Marco"
e chi gridava " Viva la Libertà "e si arrivò
al tumulto che un nobile Bernardino Renier dislocando numerosi
cannoni e uomini nella città riuscì a sedare.
Il 18 Aprile 1797 a Eckenwald , Napoleone e l'Austria avevano
deciso di chiudere la partita concordando che Venezia ed
i suoi territori compresa l'Istria e la Dalmazia andavano
all' Austria che cedeva ai Francesi la Lombardia ed il Belgio,
il tutto ratificato a Campoformio sei mesi dopo. Napoleone
a parole prometteva la libertà, nei fatti invece
la toglieva. Così finiva tristemente senza gloria
e senza infamia dopo 1000 anni la Repubblica di Venezia,
il più antico Stato Italiano.
Tratto da Storia Veneta- Scripta Edizioni.-Via Zara 15 -Costabissara
- VI- Petrini Sante.
Questo e' il discorso fatto
dal conte Viscovich ai Perastini nell'agosto 1797.
Testo dal quale Luciano Brunelli ha tratto spunto per la
canzone Perasto 1797.
Silvana Dal Cero
LA RESA DI PERASTO
23 Agosto 1797
Nonostante la caduta della Città e della Repubblica,
alcuni capo-saldi continuarono a resistere per alcuni mesi
cercando inutilmente di mantenere in vita la fiamma della
Serenissima. Nell'agosto del 1797, l'ultimo baluardo di
Venezia, a Perasto, è costretto a cedere: il comandante
del dominio, nell'ammainare la bandiera della Serenissima,
pronunciò un celebre discorso rimasto come una sorta
di testamento per le future generazioni rappresentate dal
giovane nipote Annibale.
In sto amaro momento, in sto ultimo sfogo de amor, de fede
al Veneto Serenissimo Dominio - el Gonfalon della Serenissima
Repubblica - ne sta de conforto, o cittadini, che la nostra
condotta passada che quela de sti ultimi tempi rende più
giusto sto atto fatal ma virtuoso, ma doveroso per mi.
Savarà da mi i vostri fìoi e la storia del
zorno farà saver a tutta l'Europa che Perasto ha
degnamente sostenudo fino all'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon
- onorandolo co sto atto solenne e deponendolo bagna del
nostro universal amarissimo pianto.
Sfoghemose, cittadini, sfoghemose! Ma in sti nostri ultimi
sentimenti coi quali sigilemo la nostra gloriosa carriera
corsa soto al Serenissimo Veneto Governo rivolgemose verso
sta insegna che lo rappresenta e su esso sfoghemo el nostro
dolor.
Per 377 anni la nostra fede - el nostro valor t’ha
sempre custodio per mar dove n'ha ciamà i to nemici.
Per 377 anni le nostre sostanze, el nostro sangue, le nostre
vite xe stae sempre per ti e felicissimi savemo reputa:
TI
CON NU - NU CON TI
Semo stai sempre vittoriosi - sempre illustri e virtuosi.
Nessun con Ti n'ha visto scampar
Nissun con Ti n'ha visto vinti e paurosi
Se i tempi infelicissimi per imprevidenza - per dissension
- per arbitri illegali - per vizi offendenti la natura e
el gius de le genti non avesse ti tolto dall'Italia - per
Ti in perpetuo sarave stae le nostre sostanze - el sangue
- la nostra vita e piuttosto che vederte vinta e desonorà
dai toi se averave sepelio soto de Ti.
Ma za che altro non ne resta da far de Ti, el nostro cor
sia l'onorarissima to tomba e el più grande To elogio,
le nostre lacrime.
INSENOCITE ANCA TI, ANNIBALE,
E TIENTELA A MENTE PER TUTTA LA VITA
Conte Giuseppe Viscovich
Capitano di Perasto
Solo nel 1848 il Leone di San Marco tornerà a sventolare
sulla città durante il drammatico assedio austriaco
e pur bombardata incessantemente dal nemico ed in preda
alla pestilenza e alla fame, fu l'ultima città italiana
guidata da Daniele Manin a cedere. Lo ricordano per
sempre i famosi versi: il Morbo infuria, il pan
ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca. Per il
futuro che il Leone di S. Marco, simbolo della nostra storia,
continui a sventolare sempre.